In questo articolo ci occupiamo del rapporto d’aspetto della fotografia, al quale si fa spesso riferimento con l’espressione inglese aspect ratio o con il più generico termine formato.
Le proporzioni di una fotografia sono un aspetto sul quale raramente ci si sofferma, dandolo un po’ per scontato. Eppure, la forma stessa dell’inquadratura, come anche il suo orientamento, influisce sulla composizione ancora prima degli elementi che ne fanno parte.
Indice dei contenuti
Cos’è il Rapporto d’Aspetto (Aspect Ratio) in Fotografia
Per cominciare, diamo una breve definizione di rapporto di aspetto e dei concetti che gli ruotano intorno.
Quello che viene definito rapporto d’aspetto è semplicemente il rapporto fra i lati dell’immagine. A seconda delle proporzioni fra larghezza ed altezza della fotografia si può avere un qualsiasi rapporto d’aspetto.
Esistono tuttavia alcuni tagli considerati canonici:
- Il classico 3:2, oggi il più utilizzato.
- Il 4:3, che alcuni preferiscono al 3:2.
- 16:9, formato panoramico per eccellenza, ormai lo standard indiscusso per i filmati, ma sempre più impiegato anche in fotografia.
- 1:1, il formato quadrato, poco utilizzato ma adatto ad alcuni soggetti ed a determinati utilizzi.
Per indicare il rapporto d’aspetto di una foto si usa comunemente anche il termine formato. Noi stessi, nel seguito di questo articolo, utilizzeremo spesso questo vocabolo (che, se non altro, suona molto meglio).
In senso stretto, formato avrebbe in realtà un significato un po’ più ampio: oltre al rapporto d’aspetto della foto, indicherebbe infatti anche le sue dimensioni, con riferimento all’immagine stampata.
Lo stesso termine, nell’ambito della fotografia, potrebbe inoltre riferirsi alla memorizzazione dei file (formato RAW e formato JPEG). Questo è però, ovviamente, un argomento separato, del quale non ci occuperemo qui, benché abbiamo preferito chiarire l’ambiguità.
Ad eccezione del taglio quadrato 1:1, qualunque altro rapporto d’aspetto può avere un orientamento verticale oppure orizzontale.
Talvolta, si preferisce considerare un determinato taglio nella sua versione verticale come un formato a sé. Ad esempio, si parla di formato 2:3 o 3:4 per indicare l’orientamento verticale, rispettivamente, dei formati 3:2 e 4:3.
Rapporto d’Aspetto del Sensore, Ritagli e Fusione di più Scatti
Oggigiorno abbiamo la possibilità di ricavare foto in qualsiasi formato da qualunque strumento fotografico. La base di partenza rimane però, sempre, il sensore della macchina fotografica (o del telefonino) in nostro possesso, che determina il rapporto d’aspetto nativo della fotografia.
I sensori fotografici seguono a loro volta diversi standard e possono presentare un diverso rapporto d’aspetto. Le fotocamere reflex e la maggior parte delle mirrorless, hanno un sensore con rapporto fra i lati di 3:2 (sia nel caso di full frame che di APS-C).
Alcune mirrorless (soprattutto fra quelle proposte da Panasonic ed Olympus) dispongono invece di un sensore con rapporto di 4:3, che prende il nome di (Micro) Quattro Terzi.
Anche la maggior parte delle compatte e delle bridge presentano un sensore con proporzioni di 4:3. Gli standard più comuni sono quelli da 1″ e da 1/2,3″: fra i due cambiano le dimensioni fisiche, ma il rapporto d’aspetto rimane il medesimo.
Allo stesso modo, il sensore normalmente integrato negli smartphone presenta un rapporto fra i lati di 4:3.
Di base, il rapporto d’aspetto di una fotografia seguirà dunque quello del sensore che l’ha registrata. Molte fotocamere permettono, tramite le impostazioni, di scegliere un formato diverso (ad esempio 4:3 o 16:9 pur scattando con un sensore 3:2).
In questo caso, però, non si fa altro che ritagliare una parte dell’immagine, scartando quella eccedente prima del salvataggio sulla scheda di memoria. Così facendo, verrà inevitabilmente sacrificata parte della risoluzione.
Lo schema sopra riproduce ciò che avviene nel momento in cui si ricava un rapporto d’aspetto diverso da quello imposto nativamente dal sensore. Nel caso specifico, si ipotizza di voler ritagliare nei rapporti 1:1, 4:3 e 16:9 una fotografia scattata in formato 3:2.
Qui sotto, mostriamo invece la voce che permette di impostare il rapporto d’aspetto nel menu di uno smartphone e di una reflex. Nella schermata relativa allo smartphone viene anche riportata la risoluzione che deriva dai diversi formati: da notare come quella nativa (4:3) sia la più elevata dato che, naturalmente, non comporta alcun ritaglio.
Ovviamente, anziché ritagliare la fotografia già in fase di scatto, possiamo tranquillamente registrarla nel suo formato nativo e provvedere al ritaglio in seguito, con un qualsiasi software di post-produzione.
Questa procedura garantisce un maggiore controllo e ci mette anche al riparo da eventuali ripensamenti riguardo alle proporzioni del frame.
Potrebbe esistere però un vantaggio nel selezionare il rapporto di aspetto definitivo già in fase di scatto, a seconda dell’attrezzatura che stiamo utilizzando. Attraverso il display LCD, l’inquadratura si adatterà infatti al formato selezionato e la restante parte della scena verrà esclusa.
Questa accortezza può rendere più agevole la composizione, dato che istintivamente si tende a collocare gli elementi sull’intera superficie disponibile, quand’anche si fosse consapevoli che in seguito sarà eseguito un ritaglio.
Ciò non si applica ovviamente alle foto scattate attraverso il mirino ottico delle reflex. Inoltre, si può applicare il ritaglio in-camera soltanto scegliendo di registrare in formato JPEG. In caso di immagini in RAW verrà comunque preservato il rapporto nativo ed eventualmente le informazioni riguardanti l’area da ritagliare.
Un’altra situazione nella quale il rapporto d’aspetto finale di una fotografia è diverso da quello nativo riguarda le riprese panoramiche. In questi casi, si ricava un’immagine tipicamente molto allungata partendo da una sequenza di foto orizzontali oppure verticali.
Quale Rapporto d’Aspetto Scegliere?
Stabilire quale rapporto d’aspetto scegliere, dipende soprattutto da due fattori: le caratteristiche del soggetto ripreso e la destinazione d’uso della fotografia.
Considerazioni Generali
Le discussioni riguardanti il rapporto d’aspetto in fotografia tirano spesso in ballo il campo visivo dell’occhio umano, affermando che proporzioni coerenti con la nostra visione diretta corrisponderebbero ad una composizione più piacevole.
Il problema si presenta però un attimo dopo, quando si deve trovare il formato che si avvicini, appunto, a quello dei nostri occhi. Qualcuno suggerisce che quello più indicato sia il 4:3, mentre altri puntano tutto – al contrario – sul 16:9.
Il fatto è che difficilmente si può fare un vero confronto tra la visione umana e la forma del frame. I nostri occhi percepiscono il mondo circostante in un modo molto diverso dal sensore di una macchina fotografia. In particolare, sembra che si focalizzino su un dettaglio per volta, spostandosi di continuo da una parte all’altra della scena.
Una considerazione possiamo però farla: i nostri due occhi sono disposti l’uno a fianco all’altro, e siamo quindi abituati a visionare la scena in orizzontale. È probabilmente per questo che, anche in fotografia, le composizioni che seguono un andamento orizzontale sono viste come più naturali, più facilmente fruibili.
Scegliere un orientamento verticale, comporta al contrario uno sforzo da parte dell’osservatore. Questa considerazione è tanto più valida quanto più sbilanciato è il formato in questione. Per questo motivo il 16:9 verticale (9:16) è praticamente inesistente, se non tra le istantanee dei fotoamatori.
Anche fra i tagli più equilibrati, rimanendo sull’orientamento verticale, si nota una predominanza del 3:4 rispetto al 2:3, sebbene quest’ultimo sia più spesso il formato di partenza.
Scegliere il Formato in Base al Soggetto
Come regola generale, il rapporto d’aspetto dovrebbe essere coerente con le caratteristiche del soggetto e della scena ripresa. Inoltre, l’adozione di un formato fornirà all’osservatore una determinata chiave di lettura della foto.
Un taglio particolarmente largo si adatterà meglio a viste panoramiche che si sviluppano in ampiezza e creerà l’aspettativa di una successione di elementi sul piano orizzontale, da un estremo all’altro del frame. Quanto più il soggetto si estende in larghezza, tanto più la scelta di un formato allungato potrà rivelarsi appropriata.
I formati panoramici, come il 16:9 o gli standard ancora più spinti, che negli ultimi tempi si stanno affermando anche in fotografia, predispongono l’osservatore ad una visione particolarmente immersiva e possono essere utili a valorizzare scene particolarmente ampie.
Una delle principali critiche mosse nei confronti del rapporto d’aspetto 3:2 è proprio quella di influenzare eccessivamente la lettura dell’immagine sull’asse più ampio.
D’altronde, contrariamente a quanto si possa pensare, la scelta di questo formato non è è stata dettata, originariamente, da questioni estetiche, bensì da esigenze di natura pratica.
L’attuale rapporto d’aspetto di 3:2, che come dicevamo è ancora quello più diffuso, deriva direttamente dalle fotocamere analogiche. Ai tempi della pellicola, lo standard più diffuso era il 35mm, che a sua volta era stato ereditato dalle riprese cinematografiche.
Tuttavia, nel cinema, il lato lungo di ogni fotogramma, che misurava 24mm, era quello trasversale alle pellicola. Il lato corto, sull’asse longitudinale, misurava (originariamente) 18mm, determinando un rapporto d’aspetto effettivamente molto vicino al 4:3.
Quando si adattò la stessa pellicola alla fotografia, ci si rese conto che l’area destinata all’esposizione era troppo piccola per consentire una qualità d’immagine sufficiente.
Si scelse allora di utilizzarla nel senso opposto: quello che era il lato maggiore diventò quello minore (24mm) mentre l’altro fu ampliato a 36mm. Ciò determinò il rapporto di 3:2 ancora oggi in uso.
Il più equilibrato formato 4:3, che geometricamente si colloca esattamente a metà strada fra il quadrato perfetto ed il 3:2, viene tuttavia da molti considerato più naturale, o quantomeno più neutro. Benché una differenza fra i lati sia comunque presente, ed indirizzi l’osservazione dell’immagine su un determinato asse, non è così spiccata da caricare eccessivamente la dinamica dell’immagine.
Ad ogni modo, nell’orientamento orizzontale, sono in effetti pochi i fotografi che cambiano a posteriori il rapporto d’aspetto in virtù di questa differenza. Chi è abituato a fotografare in 3:2 riesce generalmente ad adattare la composizione a tale formato.
Molto più frequente è che si scelga un formato più prossimo al quadrato quando si lavora in verticale. In particolare, nel caso dei ritratti, il 2:3 appare spesso eccessivamente slanciato, tanto da rendere fastidiosa la lettura dell’immagine.
In molti casi si preferisce dunque adottare il formato 3:4. Un’eccezione è la figura intera, per la quale il 2:3 può risultare ben proporzionato.
Qui sopra, vi mostriamo il confronto fra un’immagine scattata in formato 2:3 ed una versione ritagliata in 3:4. Notate come la seconda composizione appaia più rilassata, meno vertiginosa, più naturale.
Il formato quadrato 1:1 è utilizzato solo raramente, e quando ciò accade è soprattutto in base alle esigenze legate all’utilizzo della foto, che non alla natura del soggetto.
La circostanza di presentare i lati perfettamente identici priva l’immagine di una qualsiasi chiave di lettura, se non quella del rigore e dell’equilibrio.
La perfetta regolarità di questo formato può adattarsi a soggetti perfettamente simmetrici che a loro volta non hanno un orientamento predominante e per i quali si vuole appunto sottolineare tale caratteristica.
Un esempio potrebbe essere una foto della luna piena contro un cielo monocromatico, che non includa altri elementi nella composizione.
Scegliere un Formato in Base alla Destinazione della Foto
Alle scelte di natura artistica si affiancano e, spesso, si contrappongono, le più pragmatiche esigenze legate all’utilizzo della fotografia.
In passato, ciò riguardava soprattutto i fotografi professionisti, che spesso dovevano sforzarsi di trovare una composizione verticale piacevole anche per soggetti che si sarebbero adattati più ad un classico taglio orizzontale. Il motivo era che agli editori poteva servire una foto da stampare a pagina intera, magari in copertina.
Oggi, la questione tocca più da vicino un po’ tutti i fotografi, anche quelli occasionali, sebbene talvolta non ci si faccia molto caso.
Finché l’utilizzo delle foto rimane limitato ad un ambito strettamente personale, non sorgono grosse problematiche. L’unica cosa da tenere a mente riguarda il supporto attraverso il quale visioneremo la nostra fotografia, che potrebbe adattarsi più ad un formato che non ad un altro.
Ad esempio, i classici schermi panoramici, i più diffusi oggi sia fra i monitor per PC che fra i televisori, rendono naturalmente più facilmente fruibili i formati allungati sul piano orizzontale, a cominciare dal 16:9.
Visionare foto con un formato più tendente al quadrato o addirittura con orientamento verticale su un monitor 16:9, significa al contrario doverla inevitabilmente osservare a dimensioni ridotte, come evidenziato nello schema sopra.
Ad ogni modo, non ci sembra che ciò sia sufficiente per stravolgere le scelte compositive e adottare un formato diverso da quello nativo.
Nel caso degli smartphone la situazione si ribalta, con un evidente vantaggio per la foto ad orientamento verticale.
Le immagini orizzontali appaiono invece tanto più piccole quanto allungato è il loro formato, il che rappresenta un grosso problema su un display già di per sé piccolo come quello del telefonino.
Finché sfogliamo le foto presenti nella nostra galleria, possiamo ruotare il telefonino, passando da modalità portrait a modalità landscape, ed adattando così lo schermo al formato dell’immagine.
Tuttavia, gli smartphone rimangono inequivocabilmente concepiti per l’utilizzo in verticale. Di conseguenza, la maggior parte delle applicazioni e dei siti internet sono ottimizzati per questo orientamento.
In generale, la diffusione degli smartphone (ormai divenuti i più comuni strumenti di fruizione del Web) ha contribuito pesantemente alla crescita di alcuni particolari formati.
Pensiamo ad esempio ad Instagram: a lungo, il social network fotografico per eccellenza, ha ammesso esclusivamente fotografie quadrate, con rapporto d’aspetto 1:1. Evidentemente, a giudizio degli sviluppatori, questo formato garantisce la migliore visualizzazione sullo smartphone medio.
Per anni, chi ha lavorato con Instagram è stato quindi costretto a trovare una buona composizione per il formato quadrato, benché come già sottolineato siano pochi i soggetti che si adattano a questo taglio.
In seguito, c’è stata una progressiva apertura nei confronti di formati meno inconsueti, ma ancora oggi non è possibile caricare foto in formato 2:3 o 3:4 (vengono automaticamente croppate in rapporto 4:5).
Anche Facebook mette dei paletti riguardo il rapporto d’aspetto di una fotografia. Per esempio, i link condivisi richiedono un insolito rapporto d’aspetto di 1,91:1, per evitare crop indesiderati.
Tale vincolo ci tocca peraltro molto da vicino: per ognuno dei nostri articoli dobbiamo infatti reperire un’immagine adatta a questo formato (ancora più allungato del 16:9). Talvolta, ciò risulta piuttosto problematico, dato che la stragrande maggioranza delle foto nel nostro repertorio adottano il 3:2 o addirittura il 4:3.
Come se non bastasse, onde evitare di dover creare di volta in volta un’immagine specifica per le condivisioni su Facebook, abbiamo fatto in modo che esse adottino di default quella di copertina di ogni singolo articolo. Per questo motivo tutti i contenuti di ABCamera hanno come featured image una foto con tale inconsueto formato.