In questa pagina continueremo ad occuparci della composizione affrontando il tema della prospettiva in fotografia.
Un importante limite intrinseco della fotografia è la sua pretesa di rappresentare su un supporto piano una scena a tre dimensioni. Riuscire a suggerire la profondità di una scena è quindi una delle principali sfide per il fotografo, nonché uno degli accorgimenti che maggiormente incidono sulla riuscita dello scatto.
Come avrete intuito, uno dei mezzi attraverso i quali possiamo dare profondità alle foto è proprio la prospettiva; un altro è la gestione della luce, della quale parleremo però più avanti.
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La Prospettiva e la Visione Umana
Il modo in cui i nostri occhi percepiscono la realtà che ci circonda è molto complesso. Come sappiamo, gli oggetti distanti ci appaiono più piccoli di quelli vicini (il che è anche il principio di base della prospettiva in fotografia).
Questo non basta però a spiegare la sorprendente precisione con la quale riusciamo a decifrare, istintivamente, sia le dimensioni effettive degli oggetti che la distanza che li separa da noi.
In verità, seppure in modo inconsapevole, facciamo continuamente valutazioni che tengono conto sia della nostra esperienza passata che di tutti i possibili riferimenti ai quali possiamo attingere.
Le modalità con le quali percepiamo la prospettiva in fotografia non sono diverse da quelle che ci permettono di interpretare lo spazio che ci circonda. Pertanto, buona parte del contenuto di questa pagina ruoterà attorno ai concetti di esperienza e riferimento.
Se vediamo un gabbiano in cielo non abbiamo certo dubbi sulle sue dimensioni: non ci sembra realistico che possa trattarsi di un gigantesco animale distante decine di chilometri! In un curioso racconto di Edgar Allan Poe, “La Sfinge“, il protagonista cade vittima proprio di un’illusione ottica di questo tipo.
Ad aiutarci, in casi come questi, è semplicemente l’esperienza: abbiamo visto migliaia di gabbiani nella nostra vita e sappiamo bene quali possano essere le loro dimensioni reali.
Se però abbiamo a che fare con oggetti a noi sconosciuti, andiamo puntualmente in confusione. Pensate ad esempio a quante strampalate ipotesi si facessero in antichità circa le dimensioni della luna, del sole o delle stelle.
Quando l’esperienza non ci aiuta, possiamo ricorrere – sia nella visione diretta che in fotografia – ad elementi a noi familiari, che possano fare da “scala” per darci informazioni sulle dimensioni dei soggetti ignoti.
Nella fotografia paesaggistica, si usa spesso includere una o più persone (probabilmente la figura a noi più familiare) nell’inquadratura proprio per fornire all’osservatore un riferimento che permetta di interpretare correttamente l’effettiva ampiezza della scena.
Nella foto di esempio, la presenza degli escursionisti lungo un sentiero dell’Etna consente di fare un implicito confronto fra le loro dimensioni e quelle dell’ambiente circostante, dal quale si deduce la vastità del paesaggio.
Il ragionamento inconscio che facciamo è: “Se le persone sembrano così piccole, significa che si trovano molto lontano, che il sentiero è molto lungo, la montagna molto alta, la scena molto profonda“.
Come vedremo nei paragrafi che seguono, comunque, esistono anche indizi meno ovvi sui quali possiamo basarci per dedurre la distanza e le dimensioni degli oggetti.
Cosa Significa “Prospettiva in Fotografia”
Nel disegno e nella pittura, la prospettiva è intesa come un insieme di regole che permettono di rappresentare la dimensione dei soggetti e la loro disposizione nello spazio così come appaiono ai nostri occhi.
La macchina fotografica, invece, cattura già di per sé la realtà in modo coerente con la nostra visione diretta. Il fotografo non deve fare nulla per dotare l’immagine di una prospettiva, semplicemente perché essa è già presente in qualsiasi scatto.
Quando si parla di prospettiva in fotografia ci si riferisce piuttosto ai metodi per sfruttare ed esaltare la prospettiva naturalmente presente in un’inquadratura al fine di sottolineare la profondità di una scena e rendere così lo scatto più coinvolgente.
Prospettiva Lineare
Partiamo quindi dal principio di base secondo il quale le dimensioni degli oggetti appaiono sempre minori all’aumentare della distanza.
Una prima manifestazione di questo fenomeno, molto discussa quando si parla di prospettiva in fotografia, riguarda le linee parallele. Allontanandosi dal punto di ripresa, queste sembrano congiungersi in un determinato punto (rientrante o meno nell’inquadratura), detto punto di fuga.
Nella foto di esempio, le linee parallele sono rappresentate dai bordi della strada che passa per il bosco. Inserire delle linee parallele nell’inquadratura, facendo in modo che attraversino la scena dal primo piano allo sfondo, è uno dei metodi più semplici ed efficaci per creare un forte senso di profondità.
La spiegazione di questo meccanismo è abbastanza semplice. Per esperienza, sappiamo bene che le strade hanno la stessa larghezza tanto in primo piano quanto sullo sfondo.
Allo stesso modo siamo perfettamente consapevoli dell’illusione di convergenza dovuto alla prospettiva lineare. Pertanto, osservando la foto, traduciamo inconsciamente questo effetto in distanza e intuiamo quindi la profondità della scena.
Come regola generale, maggiore è la convergenza delle linee parallele, maggiore sarà la sensazione di profondità che ne deriva. Ad ogni modo, è sempre meglio non esagerare, così da mantenere un aspetto realistico ed evitare evidenti deformazioni.
Per regolare il grado di convergenza delle linee parallele bisogna modificare il punto di vista dal quale si scatta. L’effetto più marcato lo si ottiene con la fotocamera perpendicolare al terreno, scegliendo un punto di ripresa basso ed utilizzando focali grandangolari (in modo da inquadrare una parte più ampia di primo piano).
Elementi composti da linee parallele (strade, binari, corsi d’acqua…) sono molto utilizzati nella fotografia paesaggistica. Essi hanno il duplice vantaggio di sottolineare la profondità della foto e di fungere da “linea guida“.
L’effetto prospettico che determina l’apparente congiungimento delle linee parallele possiamo trovarlo, oltre che sul piano orizzontale, anche su quello verticale.
È ciò che accade quando riprendiamo un edificio dalla sua base inclinando la fotocamera verso l’alto, come nel caso del Duomo di Siena nella foto di esempio.
In questo caso, però, la convergenza delle linee è di solito sgradita e viene spesso considerata un difetto della foto, noto come linee cadenti.
Prospettiva Decrescente
Un’altra manifestazione dello stesso principio prende il nome di prospettiva decrescente, e si basa sul fatto che oggetti identici appaiano di dimensioni diverse a seconda della distanza che li separa dal punto di ripresa.
Il meccanismo deduttivo resta lo stesso: l’osservatore sa che tutti gli oggetti hanno le stesse dimensioni; se nella foto appaiono più piccoli man mano che si allontanano, significa che la scena è molto ampia.
In questa foto, i lampioni presenti sul Pont Alexandre III di Parigi appaiono di dimensioni via via più piccole allontanandosi dal punto di ripresa.
Osservandoli, il nostro cervello interpreta però correttamente questa differenza come una maggiore distanza rispetto all’obiettivo della fotocamera, e per questo percepisce la profondità della scena.
Anche la foto della Terrazza Mascagni inserita all’inizio di questa pagina può essere considerata un esempio di prospettiva decrescente. Le mattonelle si fanno infatti sempre più piccole man mano che si allontanano dal punto di ripresa, ma la logica suggerisce che in realtà abbiano tutte le stesse dimensioni.
Per rendere ancora più marcato l’effetto della prospettiva decrescente è consigliabile impiegare un grandangolo ed avvicinarsi molto al primo elemento della serie.
Se al contrario usassimo un teleobiettivo (e ci allontanassimo) la differenza nelle dimensioni dei vari elementi sarebbe più contenuta ed otterremmo quindi un appiattimento della prospettiva.
Prospettiva Aerea
Oltre alle manifestazioni “geometriche” della prospettiva, delle quali abbiamo parlato finora, esistono altri metodi per sottolineare la distanza fra gli elementi dell’inquadratura e suggerire così la profondità di un’immagine.
La cosiddetta prospettiva aerea o prospettiva atmosferica (ereditata dalla pittura) si basa sul fatto che gli oggetti distanti appaiano meno definiti rispetto a quelli vicini al punto di ripresa.
Ciò è dovuto al fatto che la luce, per giungere all’obiettivo, deve attraversare uno strato più spesso di aria, il quale si comporta come una sorta di filtro.
A seconda delle condizioni atmosferiche, la perdita di contrasto e di nitidezza può essere più o meno marcata: ad accentuarla contribuiscono l’umidità dell’aria, la foschia oppure, come nell’immagine di esempio, la pioggia.
Anche nel caso della prospettiva aerea, il meccanismo che ci permette di percepire la profondità si basa sulla nostra esperienza. Siamo da sempre abituati al fatto che i soggetti perdano definizione all’aumentare della distanza e ritrovare questa condizione in una foto (ma anche in un dipinto) ci porta alla conclusione che debba trattarsi di una scena molto ampia.
Queste condizioni non possono essere indotte dal fotografo, il quale può solo limitarsi a scegliere il momento più adatto per scattare. In ogni caso, esistono alcuni accorgimenti che permettono di enfatizzare la prospettiva aerea.
In primo luogo si possono sfruttare le focali lunghe, anche se questa scelta potrebbe limitare gli effetti prospettici analizzati in precedenza. La caratteristica dei teleobiettivi di comprimere i piani, permette infatti di evidenziare la graduale perdita di definizione all’aumentare della distanza.
Se la situazione lo consente, si può ridurre la nitidezza degli elementi sullo sfondo “artificialmente”, impiegando una profondità di campo ridotta che mantenga lo sfondo lievemente sfocato. Infine, in fase di post-produzione, bisognerebbe lasciare il contrasto su un livello basso, magari in maniera selettiva.
Prospettiva Cromatica
Oltre alla generale perdita di nitidezza, la distanza comporta spesso anche una variazione nei colori. Un esempio chiaro a tutti è quello delle montagne, che quando osservate da vicino si presentano verdi (o bianche, se rocciose) mentre in lontananza appaiono azzurre.
Ci si riferisce spesso a questo effetto col nome di prospettiva cromatica, benché possa considerarsi a tutti gli effetti una manifestazione della prospettiva atmosferica vista in precedenza.
Per accentuare la profondità di una foto attraverso la prospettiva cromatica, resta valido il consiglio di usare un teleobiettivo, così da bilanciare meglio la quantità di primo piano e di sfondo nell’immagine e rendere più evidente la transizione fra toni caldi e freddi.
In post-produzione si possono poi raffreddare selettivamente i colori degli elementi posti sullo sfondo ed eventualmente riscaldare quelli del primo piano.
Oltre a sfruttare l’effetto della prospettiva cromatica presente di per sé in un paesaggio, possiamo intenderlo in maniera più generale ed applicarlo in contesti diversi. La regola da tenere sempre a mente è che i colori caldi tendono a spiccare rispetto a quelli freddi.
Per questo otterremo una migliore sensazione di profondità quando il nostro soggetto emerge da uno sfondo blu o azzurro (come il cielo o il mare) o quando è illuminato da una luce più calda rispetto a quella che investe lo sfondo.