Gli obiettivi sono componenti fondamentali di qualsiasi attrezzatura fotografica, dagli smartphone economici fino alle fotocamere professionali.
In questa pagina descriveremo per grandi linee tutte le caratteristiche degli obiettivi fotografici, spiegheremo quali siano le loro funzioni e come vengano classificati. Ci soffermeremo inoltre su alcuni aspetti particolarmente importanti, a cominciare dalla loro lunghezza focale.
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Indice dei contenuti
Che cos’è un Obiettivo Fotografico
L’obiettivo è il sistema ottico formato da un numero variabile di lenti che raccoglie la luce e la indirizza verso il sensore digitale (o la pellicola).
Come dicevamo, qualsiasi apparecchiatura fotografica dispone di un obiettivo. A seconda della tipologia di fotocamera, però, l’obiettivo può essere integrato nella macchina stessa oppure intercambiabile, ossia indipendente da essa.
Le fotocamere prettamente amatoriali (compatte, bridge e smartphone) montano un obiettivo integrato, non rimovibile. Reflex e mirrorless sono invece fotocamere ad obiettivo intercambiabile, ed è quindi possibile scegliere, a seconda dei casi, quello più adatto allo scatto che si intende eseguire.
L’obbiettivo è il principale responsabile dell’aspetto che assumerà l’immagine registrata dal sensore. Da esso dipendono la porzione di scena inquadrata, la nitidezza del soggetto, la sfocatura dello sfondo e tanti altri fattori imprescindibili per la riuscita dello scatto.
Lunghezza Focale degli Obiettivi
La caratteristica fondamentale di ogni obiettivo fotografico è la sua lunghezza focale (o “distanza focale” ma anche, semplicemente, “focale”), che viene espressa in millimetri.
Questa misura, secondo definizione, indica la distanza tra il centro ottico dell’obiettivo ed il piano focale (che coincide con il sensore). Ciò che più ci interessa, dal punto di vista pratico, è che al variare della lunghezza focale varia l’ampiezza dell’angolo di campo ripreso, ossia la porzione di scena inquadrata.
In particolare, una lunghezza focale corta (come 16mm o 24mm) corrisponde ad un angolo di campo molto ampio ed è quindi adatta ad inquadrare scene molto vaste (sono infatti tipiche focali da paesaggio).
Man mano che aumenta la focale si restringe l’angolo di campo inquadrato ed il risultato è che il soggetto dell’inquadratura appare ravvicinato.
Focali molto lunghe (come 300mm o 500mm) sono infatti impiegate per fotografare animali in libertà ed uccelli in volo o, in generale, quando è necessario mantenersi a distanza dal soggetto.
Lo schema qui sotto mostra l’esatto angolo di campo inquadrato alle lunghezze focali più comuni in fotografia.
Vogliamo anche mostrarvi un esempio pratico: le foto qui sotto sono state scattate tutte dalla stessa posizione (la terrazza dell’Arco di Trionfo a Parigi), puntando nella stessa direzione e variando soltanto la lunghezza focale dell’obiettivo.
Notate come a focali via via maggiori diminuisca l’angolo di campo inquadrato e, di conseguenza, la Torre Eiffel appaia di dimensioni sempre maggiori.
Focale Equivalente e Fattore di Moltiplicazione
Dedichiamo questo breve paragrafo ad un aspetto un po’ “avanzato”, al quale è però doveroso accennare in un articolo incentrato sulle caratteristiche degli obiettivi. Se siete agli inizi e volete solo farvi un’idea, per sommi capi, di che cos’è un obiettivo fotografico, passate pure alla sezione successiva.
Conoscere la focale di un obiettivo, potrebbe in verità non essere sufficiente a risalire con esattezza all’angolo di campo che si potrà inquadrare.
Infatti, la lunghezza focale è una misura assoluta, ma i sensori più piccoli di quello full frame sfruttano soltanto la parte centrale dell’immagine. Il risultato, di fatto, è quello di limitare l’angolo di campo inquadrato.
Ciò si traduce in un ingrandimento del soggetto, ossia nello stesso effetto che si otterrebbe usando una focale maggiore. Si può quindi dire che i sensori più piccoli diano l’impressione di aumentare la lunghezza focale.
In particolare, ogni formato di sensore digitale ha un suo determinato crop factor, il quale non è altro che il rapporto fra le sue dimensioni e quelle dello standard full frame (36x24mm).
Moltiplicando il crop factor per la focale dell’obiettivo si può ricavare la focale equivalente, che indica in modo univoco quale sia l’angolo di campo inquadrato e di quanto si possa ingrandire il soggetto.
Come dicevamo, si tratta comunque di un concetto un po’ complesso, che abbiamo preferito approfondire in un articolo separato (“Crop Factor e Focale Equivalente“).
Lunghezza focale, angolo di campo e prospettiva
Più lunga è la focale, dunque, più il soggetto della nostra foto apparirà “vicino”. Tuttavia, è consigliabile abituarsi sin da subito al concetto di angolo di campo anziché di semplice “avvicinamento”.
Fotografare un soggetto distante con una focale molto lunga porta a risultati completamente diversi rispetto ad avvicinarsi e riprenderlo con un 50mm o con un grandangolo, anche nel caso occupasse la stessa area sul fotogramma.
Cambiando il punto di ripresa rispetto al soggetto cambia infatti la prospettiva e variando la focale si potrà includere una porzione maggiore o minore di sfondo. In ogni caso, approfondiremo questi temi quando parleremo della della composizione.
Classificazione degli Obiettivi in base alla Focale
Adesso che abbiamo spiegato che cos’è la lunghezza focale, passiamo alla classificazione degli obiettivi in base ad essa. A seconda della focale, possiamo distinguere tra:
- Obiettivi normali
- Grandangoli
- Teleobiettivi
Obiettivi “normali”
Gli obiettivi normali sono quelli la cui focale è simile alla lunghezza della diagonale del sensore, ovvero 43mm equivalenti circa. Definizione a parte, comunque, l’obiettivo normale per eccellenza è considerato il 50mm. Come risultato, l’angolo di campo inquadrato è di circa 45° – 60°.
Focali di questo tipo permettono di ottenere una prospettiva vicina a quella dell’occhio umano. Anche per questo, gli obiettivi normali sono spesso utilizzati nei ritratti, onde evitare che i tratti della persona ripresa appaiano deformati.
Grandangoli
Gli obiettivi che riprendono un angolo di campo superiore a quello dei normali e che quindi hanno una focale inferiore ai 35-40mm sono invece detti grandangoli.
I grandangoli consentono di inquadrare una porzione di scena molto ampia, spesso superiore a quella visibile ad occhio nudo, e per questo trovano largo impiego nella fotografia paesaggistica.
Come abbiamo spiegato nella nostra guida alla fotografia grandangolare, questi obiettivi permettono di giocare facilmente con la prospettiva: la distanza fra i diversi elementi della scena apparirà maggiore di quanto non sia realmente.
I fisheye (letteralmente “occhio di pesce”) sono obiettivi grandangolari caratterizzati da una lunghezza focale particolarmente corta e che arrivano a riprendere un angolo di campo di 180° o superiore.
In particolare, i fisheye diagonali raggiungono un angolo di campo di 180° solo in orizzontale, mentre in verticale si fermano a circa 120°. I fisheye circolari, invece, permettono di riprendere un angolo di campo di 180° sia in orizzontale che in verticale e producono un’immagine rotonda.
Teleobiettivi
Gli obiettivi con focale superiore ai 60mm circa sono detti teleobiettivi e permettono di inquadrare un angolo di campo inferiore rispetto agli obbiettivi normali.
Come risultato, coi teleobiettivi si possono effettuare riprese ravvicinate anche di soggetti molto distanti. Proprio per questo, come già detto, vengono utilizzati in tutte quelle situazioni nelle quali non è possibile avvicinarsi al soggetto.
Se i grandangoli tendono ad esasperare la prospettiva ed aumentare apparentemente la distanza fra i soggetti, i teleobiettivi producono l’effetto opposto di appiattire la prospettiva. Inserendo nell’inquadratura soggetti posti a diverse distanze, le focali più lunghe li faranno apparire molto più vicini di quanto siano realmente.
I teleobiettivi molto spinti, con focale superiore ai 300mm, vengono talvolta definiti supertele e consentono di riprendere soggetti estremamente distanti. Per fare solo un esempio, utilizzando queste lenti, magari associate a moltiplicatori di focale, è possibile fotografare la luna con un ottimo dettaglio dei suoi crateri.
Obiettivi a Focale Fissa ed Obiettivi Zoom
Un’altra classificazione degli obiettivi, riguarda la differenza tra quelli a focale fissa e quelli a focale variabile; questi ultimi, sono comunemente detti zoom.
Gli obiettivi a focale fissa, come il loro stesso nome suggerisce, possono scattare soltanto ad un’unica lunghezza focale: ad esempio 24mm, 200mm o 60mm (come l’esemplare nella foto di esempio). Non è quindi prevista la possibilità di modificare l’angolo di campo inquadrato.
Gli obiettivi zoom, al contrario, mettono a disposizione un intero range di focali, che può essere più o meno ampio. Quelli a focale variabile sono di gran lunga la tipologia di obiettivi più diffusa, soprattutto in ambito amatoriale. Quasi tutte le fotocamere compatte sono dotate un uno zoom, ed anche l’obiettivo standard venduto in kit con le reflex entry-level è tipicamente di questo tipo.
La gamma di lunghezze focali messe a disposizione da uno zoom, viene definita indicando (proprio nel nome del modello) quella più corta e quella più lunga.
Per esempio, gli obiettivi venduti assieme alle reflex amatoriali sono spesso dei 18-55mm, e permettono dunque di usare qualsiasi focale compresa in questo intervallo. L’obiettivo che vedete in foto è invece un grandangolo più spinto: il Canon EF-S 10-22mm. Nell’immagine è evidenziata la ghiera che permette di passare rapidamente da una focale all’altra.
Uno zoom risulta ovviamente molto più versatile di un obiettivo a focale fissa. Un unico prodotto può adattarsi a molteplici situazioni, il che si traduce in una grande comodità durante i viaggi e quando, in generale, sarebbe complicato portare con sé diversi obiettivi.
Di contro, gli zoom sono normalmente più ingombranti e potrebbero talvolta offrire una nitidezza leggermente inferiore rispetto agli obiettivi a focale fissa nella stessa fascia di prezzo.
L’escursione focale degli zoom
Caratteristica importante degli zoom è la loro escursione focale, ossia il rapporto tra la focale massima e la focale minima che vengono coperte.
Un comune obiettivo 18-55mm, lente amatoriale per eccellenza, ha ad esempio un’escursione focale di circa 3x (55/18=3,05) mentre un superzoom come il Nikon AF-S 28-300mm ha un’escursione focale superiore a 10x (300/28=10,71).
L’escursione focale di uno zoom è strettamente correlata, ovviamente, alla sua versatilità. Da questo punto di vista, comunque, è anche importante tenere conto della focale più corta utilizzabile.
Ad esempio, il popolare Canon EF 24-105mm ha un’escursione focale di circa 4x che gli permette di comportarsi sia da grandangolo (a 24mm) che da teleobiettivo (105mm). Da solo, può quindi adattarsi ad una lunga serie di situazioni, dai paesaggi, ai ritratti, ai piccoli dettagli.
Al contrario uno zoom 70-300mm (altro formato molto comune), benché presenti un’escursione focale simile (4,28x) è utilizzabile solo come teleobiettivo e non è quindi adatto ad un uso generico.
Lo Zoom delle compatte e delle Bridge
Come dicevamo, la quasi totalità delle fotocamere economiche (ad eccezione degli smartphone) è dotata di un obiettivo zoom, dalla portata più o meno elevata.
Usando le compatte, si zooma tipicamente attraverso appositi tasti fisici (“zoom +” e “zoom –“) mentre le bridge danno talvolta la possibilità di variare la focale anche attraverso una ghiera presente sull’obiettivo, proprio come reflex e mirrorless.
Spesso, tra le caratteristiche delle fotocamere economiche viene riportata soltanto la loro escursione focale (10x, 20x, 50x…) tralasciando invece la loro effettiva lunghezza focale.
Come abbiamo visto, però, l’escursione focale racconta solo una parte della storia, e potrebbe anche essere fuorviante se intesa come indicatore di versatilità. Anche per questo, nel nostro piccolo, abbiamo voluto sottolineare sempre quale sia la focale equivalente di ogni modello nelle nostre guide all’acquisto di compatte e bridge.
Distanza Minima di Messa a Fuoco e “Rapporto di Riproduzione”
Un’altra, tra le più rilevanti caratteristiche degli obiettivi, è la distanza minima di messa a fuoco. Come suggerisce il nome, si tratta della distanza al di sotto della quale non è possibile mettere a fuoco il soggetto. In generale, maggiore è la lunghezza focale, maggiore sarà anche la distanza minima di messa a fuoco.
Il grandangolo Canon EF 20mm f/2,8 ha ad esempio una distanza minima di messa a fuoco di 25cm, mentre il teleobiettivo Canon EF 300mm f/4 IS ha una distanza minima di messa a fuoco di addirittura un metro e mezzo.
Il rapporto fra la lunghezza focale di un obiettivo e la sua distanza minima di messa a fuoco determina anche il cosiddetto rapporto di riproduzione, ossia il massimo ingrandimento del soggetto che sarà possibile ottenere.
Tecnicamente, questo valore indica il rapporto fra le dimensioni reali del soggetto e le dimensioni che occupa la sua immagine sul sensore.
Riprendendo gli esempi precedenti, il rapporto di riproduzione del Canon EF 20mm f/2,8 è di 0,14x, mentre quello del Canon 300mm è di 0,24x. Nel primo caso si potrà quindi – nella migliore delle ipotesi – riprendere il soggetto ad 1/7 delle sue dimensioni reali e nel secondo caso a circa 1/4.
Solo alcuni obiettivi possono raggiungere un rapporto di riproduzione di 1:1 ed esistono anche delle ottiche che si spingono ad un ingrandimento di 5:1. Di questi, abbiamo parlato in modo approfondito nella pagina dedicata agli obiettivi macro.
La Luminosità degli Obiettivi
L’ultima (ma importantissima) caratteristica degli obiettivi sulla quale vogliamo soffermarci, è la loro luminosità. Con questo termine, si fa riferimento alla massima apertura di diaframma che l’obiettivo mette a disposizione.
Il diaframma è un dispositivo posto all’interno di ogni obiettivo, composto da un insieme di lamelle mobili. Queste lamelle, formano un’apertura circolare di dimensioni variabili e regolabili dal fotografo. Aprendo e chiudendo il diaframma (e variandone dunque il diametro) è possibile controllare la quantità di luce che filtra attraverso l’obiettivo, raggiungendo il sensore.
Diciamo sin da subito che è desiderabile avere a disposizione un obiettivo con l’apertura massima di diaframma più ampia possibile, ossia più luminoso.
I vantaggi di un’apertura ampia sono principalmente due:
- Usare diaframmi aperti comporta una riduzione dei tempi di scatto, e limita le possibilità di ottenere foto mosse.
- Un diaframma molto aperto permette di ridurre l’ampiezza della profondità di campo, migliorando quindi la sfocatura dello sfondo.
In secondo luogo, un obiettivo molto luminoso migliora le performance dell’autofocus in condizioni particolari (ricorrendo ad esempio moltiplicatori di focale) e nei sistemi reflex rende più chiara la visualizzazione del mirino.
Si tratta di uno degli argomenti più importanti legati alla tecnica fotografica, che sarebbe del tutto fuori luogo approfondire in questo articolo. Per una trattazione dettagliata vi rimandiamo quindi alla pagina dedicata alla gestione del diaframma in fotografia. Qui ci limitiamo invece alle informazioni di base, senza dilungarci troppo.
Come la focale, anche la massima apertura di diaframma viene indicata nel nome completo dell’obiettivo, preceduta da “f/“. Per fare alcuni esempi, esistono il Canon EF 50mm f/1,4, lo zoom Nikkor 70-200mm f/2,8 o il grandangolo Sony 10-18mm f/4.
Valori più bassi corrispondono ad aperture più ampie, motivo per cui un obiettivo f/1,4 è più luminoso di uno f/4. Molti zoom, inclusi quelli di compatte e bridge, hanno una massima apertura di diaframma variabile, a seconda della focale.
Prendiamo come esempio l’obiettivo standard che Canon associa attualmente alle sue reflex entry-level: la sua nomenclatura estesa è “Canon EF-S 18-55mm f/3,5-5,6“.
Questo significa che alla focale minima (18mm) si potrà contare su un’apertura di diaframma di f/3,5, mentre alla massima estensione dello zoom (55mm), l’apertura massima scende a f/5,6.
Le focali comprese fra questi due estremi potranno avere aperture massime intermedie, come ad esempio f/4.