L’otturatore della fotocamera è il componente incaricato di svolgere un compito tanto semplice da descrivere quanto fondamentale per la riuscita di qualsiasi scatto: far sì che la luce raggiunga il sensore esattamente per il tempo di esposizione indicato.
In questa guida analizzeremo nei dettagli come funziona l’otturatore, vedremo quali sono le differenze tra le due tipologie oggi esistenti (meccanico o elettronico) e capiremo quando conviene usare l’uno o l’altro a seconda del soggetto ripreso e della fotocamera impiegata.
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Che cos’è l’otturatore nella macchina fotografica?
Per capire che cos’è l’otturatore della fotocamera, facciamo un passo indietro ed accenniamo brevemente a un concetto che vi è strettamente legato: il tempo di posa, noto anche come tempo di scatto o tempo di esposizione.
Come forse già sapete, ogni fotografia richiede che il sensore venga esposto alla luce per un determinato lasso di tempo. Questo intervallo, che può durare da minuscole frazioni di secondo a svariati minuti, è appunto detto tempo di posa e rappresenta uno dei pilastri dell’esposizione fotografica.
Oltre ad essere responsabile della corretta esposizione, il tempo di posa incide profondamente anche sull’estetica dell’immagine. Tempi brevi tendono a congelare il movimento, mentre quelli lunghi permettono di ricavare scie, effetti dinamici e mosso creativo, come mostrato negli esempi qui sotto.
Il tempo di scatto è legato a doppio filo agli altri fattori che determinano l’esposizione: apertura di diaframma, sensibilità ISO e luminosità della scena. Infatti, variando uno di questi parametri, possiamo accorciarlo o allungarlo in base alla legge di reciprocità.
Se voleste approfondire questi concetti, prima di tornare ad occuparci dell’otturatore, vi rimandiamo agli articoli dedicati al tempo di posa in fotografia, all’esposizione fotografica ed al triangolo dell’esposizione).
Qualunque sia il dispositivo usato (che sia uno smartphone economico o una mirrorless professionale) e qualsiasi modalità di scatto abbiamo impostato (manuale o automatica) per ogni foto esisterà dunque un determinato tempo di scatto, e l’otturatore della fotocamera farà sì che venga rispettato.
La classica scala dei tempi di una macchina fotografica si spinge oggi, quantomeno, fino ad 1/4.000 di secondo. Esposizioni dunque brevissime, che un moderno otturatore è comunque in grado di cronometrare con estrema precisione.
Ma esattamente, come funziona l’otturatore della fotocamera? Nella sua configurazione tradizionale, l’otturatore è una barriera fisica posta fra il sensore e l’obiettivo che, a riposo, blocca (ottura) il passaggio della luce.
Durante lo scatto, l’otturatore si apre facendo sì che il sensore possa acquisire l’immagine, per poi richiudersi trascorso il tempo di esposizione, come mostrato nell’animazione qui sotto (tratta da Wikipedia).

Il processo appena descritto e l’animazione proposta si riferiscono ad un classico otturatore meccanico a tendine, oggi presente su pressoché qualsiasi fotocamera. Negli ultimi anni ha preso sempre più piede l’otturatore elettronico, una tipologia di otturatore che non consiste in un componente fisico, ma più in una funzione del sensore stesso.
La quasi totalità delle macchine fotografiche prevede oggi sia l’otturatore meccanico che quello elettronico e consente al fotografo di scegliere, scatto per scatto, quale dei due utilizzare.
L’Otturatore Meccanico
L’otturatore meccanico è ancora oggi quello più diffuso ed è stato ereditato dalle fotocamere analogiche del passato sulle quali – anziché isolare il sensore digitale – copriva la pellicola, seguendo però lo stesso principio di funzionamento.

Nella sua configurazione più classica, l’otturatore meccanico è composto da due sottili tendine metalliche posizionate davanti al sensore che si muovono parallelamente ad esso.
A riposo, la prima tendina è completamente chiusa ed impedisce alla luce di raggiungere il sensore, mentre la seconda è aperta.
Ecco cosa succede nel momento dello scatto:
- La prima tendina inizia ad aprirsi, scoprendo il sensore ed esponendolo così alla luce.
- Trascorso il tempo di posa, la seconda tendina si chiude, coprendo nuovamente il sensore e terminando l’esposizione.
- Infine, le due tendine tornano nella propria posizione iniziale, pronte per lo scatto successivo.
L’animazione qui sotto mostra questo processo ipotizzando di utilizzare un tempo di posa lungo (ad esempio 1 secondo) con l’immagine che viene acquisita a sensore completamente scoperto.


Perché sono necessarie due tendine e non ne basta una? Perché se ne avessimo solo una, che come una saracinesca si apre e si richiude su se stessa, la parte del sensore scoperta per prima sarebbe anche l’ultima ad essere nuovamente oscurata, ricevendo quindi più luce rispetto a quella opposta. Ciò causerebbe un’esposizione non uniforme.
A tempi di scatto molto brevi, ad esempio 1/500 di secondo, il funzionamento dell’otturatore rimane il medesimo, ma si verifica una condizione particolare:
- Al momento dello scatto la prima tendina inizia immediatamente ad aprirsi.
- Trascorso un il tempo di esposizione (1/500 nel nostro caso), la seconda tendina inizia a chiudersi, anche se la prima è ancora in corsa.
- L’esposizione termina quando la seconda tendina si è chiusa del tutto.


Osservando l’animazione qui sopra, che illustra questi passaggi, notiamo come in nessun istante il sensore sia rimasto completamente scoperto. Ogni sua area viene progressivamente esposta attraverso la fessura che viene a formarsi fra le due tendine e che scorre dall’alto in basso parallelamente ad esso.
La ragione per cui, in associazione a tempi brevi, si ricorre a questa fessura mobile anziché esporre il sensore tutto in una volta è legata alla velocità di movimento delle tendine stesse.
La completa apertura o chiusura di ciascuna tendina non è istantanea, ed anzi richiede un tempo superiore rispetto a quello di una tipica esposizione breve: poniamo1/250 di secondo (il valore esatto dipende dalla fotocamera).
Ora, se volessimo che, per almeno un istante, il sensore rimanesse interamente scoperto, la seconda tendina dovrebbe attendere almeno 1/250 prima di iniziare a chiudersi, ossia il tempo richiesto dalla prima per aprirsi del tutto.
Se ciò avvenisse, però, la prima area del sensore ad essere stata scoperta avrebbe già acquisito luce per 1/250 prima di essere oscurata dalla seconda tendina (e così, progressivamente, tutte le altre aree). Con il tempo di posa ipotizzato di 1/500, avremmo quindi acquisito il doppio della quantità di luce corretta, causando una sovraesposizione di 1 stop. Ovviamente, la situazione peggiorerebbe per tempi di posa ancora più brevi.
Non è possibile azzerare il tempo richiesto dal movimento delle tendine, ma si riesce a definire con esattezza il momento in cui iniziano ad aprirsi o chiudersi. La soluzione è dunque quella di far partire la seconda tendina con un ritardo, rispetto alla prima, equivalente al tempo di posa stesso.
Questa modalità di acquisizione progressiva dell’immagine viene definita rolling shutter, in contrapposizione al global shutter, in cui il sensore viene esposto tutto nello stesso istante.
Il tempo sincro X e il flash
Da quanto detto finora, possiamo concludere che esisterà un tempo di posa limite entro il quale l’intero sensore rimarrà, almeno per un istante, completamente esposto alla luce. In altre parole, un tempo di posa entro il quale la seconda tendina dell’otturatore inizia a chiudersi quando la prima è già del tutto aperta.
Questo tempo limite è detto tempo sincro X ed assume una particolare rilevanza negli scatti eseguiti con il flash. Nell’animazione qui sotto osserviamo come si comporta l’otturatore in una foto scattata con flash ma con un tempo di posa lungo.


Effetti creativi a parte, la durata dell’esposizione non influisce più di tanto nelle foto scattate col flash: il suo lampo è brevissimo (normalmente inferiore ad 1/1.000) e qualunque sia la durata dell’esposizione impostata, l’effettiva acquisizione della luce avverrà in quell’unico istante.
Ma cosa succederebbe se impostassimo un tempo di posa più rapido del sincro X (ad esempio 1/500)? L’animazione qui sotto simula questa situazione.


In nessun momento il sensore era completamente scoperto e quando il flash ha emesso il suo lampo solo una sua porzione era effettivamente esposta alla luce. Nell’immagine, ciò ha comportato la presenza di due bande nere che non sono altro che la parte oscurata dalle tendine dell’otturatore.
Potete facilmente replicare questo effetto impostando la vostra macchina fotografica in modalità manuale e scattando con il flash attivo ad un tempo di posa molto rapido.
Abbiamo quindi capito per quale motivo il flash sia utilizzabile solo in associazione a tempi relativamente lenti che, a seconda della fotocamera, possono aggirarsi intorno a valori compresi fra 1/160 e 1/250.
Alcune fotocamere integrano una modalità di flash ad alta velocità (HSS – High-Speed Sync), che prevede l’emissione di una serie di lampi molto rapidi, così da sincronizzarsi con la fessura mobile e permettere tempi di posa più veloci.
L’Otturatore Elettronico
L’otturatore elettronico non prevede parti meccaniche e non è nemmeno un vero e proprio componente della fotocamera. Si tratta di una modalità di funzionamento del sensore che, accendendosi e spegnendosi, si comporta come un otturatore.
Più precisamente, il sensore viene letto riga per riga dall’alto in basso, in maniera del tutto simile a come farebbe uno scanner.


Nella modalità di funzionamento dell’otturatore elettronico balza all’occhio un’analogia con l’otturatore meccanico associato a tempi brevi. In entrambi i casi, infatti, abbiamo a che fare con un rolling shutter.
Una qualche forma di otturatore elettronico è presente su molte macchine fotografiche già da diversi anni, ma il suo impiego è cresciuto soprattutto a seguito dell’affermazione delle mirrorless come tipologia di fotocamere prevalente.
I vantaggi dell’otturatore elettronico sono molteplici: non prevedendo alcuna parte meccanica in movimento è possibile scattare in modalità silenziosa (non viene emesso alcun suono) e si prevengono le vibrazioni causate dallo scorrere delle tendine, che in situazioni limite potrebbero causare un micro-mosso visibile.
L’otturatore elettronico permette inoltre una velocità di raffica superiore rispetto a quello meccanico e supporta tempi di scatto molto più rapidi, come 1/16.000, 1/32.000 o anche 1/64.000.
Si tratta di benefici in effetti molto significativi, tanto che ci si potrebbe chiedere per quale ragione, allora, le moderne fotocamere non abbandonino del tutto una tecnologia del secolo scorso come l’otturatore meccanico.
In realtà esiste una giustificazione più che valida, della quale parleremo nella prossima sezione della guida.
Svantaggi otturatore elettronico: deformazioni da rolling shutter
Gli svantaggi legati all’utilizzo dell’otturatore elettronico derivano direttamente dal suo principio di funzionamento che, come abbiamo visto, richiede una scansione progressiva del sensore, dall’alto in basso.
Cosa succede se, durante la lettura, il soggetto si muove? Lo abbiamo simulato nella seguente animazione.


Ogni riga di pixel viene letta in un istante differente, durante il quale il soggetto si trovava in una posizione leggermente diversa, il che ha comportato una deformazione visibile nell’immagine finale. Tornando al paragone con lo scanner è come se, durante la scansione, spostassimo il foglio da un lato!
Vediamo anche come come si manifestano queste deformazioni da rolling shutter dell’otturatore elettronico in una situazione reale. Per mostrarvelo, abbiamo utilizzato un mini ventilatore USB: il rapidissimo movimento rotatorio delle sue eliche si adatta perfettamente a questo tipo di test.
Nella sequenza qui sotto abbiamo ripreso il piccolo gadget da fermo e poi in movimento, prima con otturatore meccanico e poi con otturatore elettronico, sempre ad 1/8.000 ed f/8.
La terza immagine, scattata con otturatore elettronico, mostra le deformazioni da rolling shutter in maniera evidentissima, mentre quella scattata con otturatore meccanico, al centro, ne è del tutto esente.
Ma avremmo ottenuto un risultato diverso impostando un tempo di posa più breve o più lungo? Assolutamente no. Osserviamo infatti gli altri scatti della stessa sequenza, realizzati tutti con otturatore elettronico ma a tempi diversi.
Cambia la forma assunta della deformazione (in modo casuale) ma non la sua entità, che rimane invariata indipendentemente dalla durata dell’esposizione. L’unica differenza attribuibile al tempo di posa è il mosso del soggetto che, come era logico aspettarsi, diviene via via più evidente all’allungarsi dell’esposizione.
In effetti, rispetto agli artefatti da rolling shutter, il tempo di posa impostato non ha alcuna importanza. Gli unici due fattori rilevanti sono:
- la velocità di movimento del soggetto
- Il tempo di readout del sensore, concetto che ci accingiamo ad introdurre
Come illustrato nelle animazioni precedenti (l’automobile in movimento), le deformazioni derivano dal fatto che, nel tempo impiegato dal sensore per leggere in sequenza tutte le righe di pixel, il soggetto ha compiuto un movimento significativo.
Impostare un tempo di posa rapidissimo, come 1/16.000, assicura che ciascuna riga di pixel rimanga esposta alla luce per tale brevissima durata, ma non incide sul tempo richiesto dal sensore per passarle in rassegna tutte.
Questo tempo è invece detto sensor readout time (in italiano tempo di lettura del sensore, ma più spesso tempo di readout) e non varia a seconda delle impostazioni di scatto: dipende esclusivamente dalla fotocamera e viene spesso riportato fra le sue specifiche tecniche.
La Canon EOS R7 usata per gli scatti precedenti presenta un tempo di readout piuttosto elevato per gli standard attuali, pari a circa 30 millisecondi. La lettura del sensore per ciascuna foto – a prescindere dal tempo di posa impostato – ha dunque richiesto 30 millisecondi (circa 1/30 di secondo, se preferite) ed è proprio durante quel tempo che le eliche in movimento hanno causato la deformazione.
Ma allora, perché nella foto scattata con otturatore meccanico non si è manifestato lo stesso problema? Si potrebbe infatti obiettare che, utilizzando la stessa fotocamera (e dunque lo stesso sensore) il tempo di lettura dovrebbe essere il medesimo.
Infatti, è proprio così: anche per la foto scattata con otturatore meccanico la lettura è durata 30 millisecondi. In questo caso, tuttavia, l’effettiva esposizione del sensore – ossia il momento in cui esso “vede” la scena – avviene solo durante il passaggio della fessura mobile formata dalle tendine.
Una volta terminata l’esposizione, la seconda tendina chiude il sensore che, durante la lettura riga per riga, è già al buio e non registra più eventuali movimenti del soggetto.
Nel caso dell’otturatore meccanico, quindi, l’arco di tempo durante il quale eventuali movimenti del soggetto potrebbero essere registrati dal sensore, è determinato non dal tempo di readout, non dal tempo di posa, ma solo dal tempo richiesto dalle tendine per scorrere lungo il sensore.

Abbiamo già visto che questa operazione non è istantanea e che, anche con otturatore meccanico e tempi brevi l’esposizione avviene in momenti diversi sulle varie aree del sensore (per effetto, appunto, della fessura mobile).
Tuttavia, il tempo necessario alle tendine per attraversare il sensore è di appena 3 o 4 millisecondi (equivalenti al valore di 1/250 indicato all’inizio della guida) e dunque molto inferiore ai tipici tempi di readout.
Se il soggetto compiesse un movimento talmente rapido da essere percepibile in una così piccola frazione di secondo, allora le deformazioni da rolling shutter sarebbero percepibili anche usando l’otturatore meccanico. Infatti, come dimostra la foto storica sopra, quando le prestazioni degli otturatori erano inferiori a quelle attuali, tale fenomeno era più facilmente riscontrabile.
Otturatore meccanico vs otturatore elettronico: quale usare?
A questo punto possiamo provare a riassumere i casi in cui conviene adottare l’otturatore elettronico e quelli in cui è meglio affidarsi a quello meccanico. Limitandoci (per ora) a un’analisi superficiale arriveremmo alle seguenti conclusioni.
Meglio usare l’otturatore elettronico quando:
- Bisogna mantenere il silenzio assoluto durante lo scatto: esistono situazioni in cui il solo rumore emesso dall’otturatore meccanico rischia di disturbare. Alcuni esempi sono cerimonie, concerti di musica classica, eventi sportivi o foto di animali da distanza ravvicinata.
- Bisogna ridurre al minimo le vibrazioni della fotocamera al momento dello scatto. Nella macrofotografia o quando si scatta con superteleobiettivi, anche il minimo movimento delle tendine meccaniche può introdurre vibrazioni che causano un micro-mosso percepibile nell’immagine finale. L’otturatore elettronico, privo di parti in movimento, elimina questo rischio.
- È necessaria una raffica più veloce: la maggior parte delle fotocamere digitali permette una raffica più veloce scattando con otturatore elettronico. L’effettivo vantaggio, normalmente significativo, dipende dal modello specifico.
- Serve un tempo di scatto particolarmente breve: di norma, l’otturatore meccanico si ferma ad 1/4.000 o, al più, 1/8.000 di secondo, laddove quello elettronico permette di scendere fino ad 1/16.000 o 1/32.000.
- Non ci sono particolari controindicazioni: a parità di fattori, impiegare l’otturatore elettronico potrebbe essere consigliabile anche solo per ridurre l’usura di quello meccanico.
Meglio usare l’otturatore meccanico quando:
- Il soggetto si muove molto rapidamente, situazione in cui si potrebbero manifestare le deformazioni da rolling shutter di cui abbiamo parlato.
- La scena è illuminata da luce artificiale (specialmente illuminazione LED, neon o fluorescenza): in queste situazioni il rolling shutter può causare un problema noto come banding (bande più scure o più chiare sull’immagine).
- Si utilizza il flash: la maggior parte delle macchine fotografiche prevede un supporto limitato agli scatti eseguiti con flash ed otturatore elettronico.
In realtà, come facilmente desumibile dalla precedente sezione della guida, queste indicazioni devono essere prese con le pinze, soprattutto quelle riguardanti la velocità di raffica ed il ricorso ai tempi particolarmente brevi.
Uno spunto interessante, per approfondire, ce lo fornisce proprio la sequenza di immagini al piccolo ventilatore che vi abbiamo mostrato in precedenza. In particolare, osservando la foto scattata con otturatore meccanico a piena risoluzione (ve la riproponiamo qui sotto per comodità) noterete come l’elica sinistra sia lievemente mossa.
Questo mosso è dovuto banalmente al fatto che il movimento delle eliche era talmente rapido da essere percepibile persino ad 1/8.000. La Canon EOS R7 impiegata non consente tempi più rapidi con otturatore meccanico, mentre permette di scendere ad 1/16.000 con otturatore elettronico.
Sulla carta, questo poteva dunque sembrare proprio uno di quei casi in cui l’otturatore elettronico avrebbe permesso di salvare la situazione. Invece, come dimostrato dall’immagine effettivamente scattata ad 1/16.000 con otturatore elettronico (la potete rivedere cliccando qui), ciò avrebbe comportato problemi ben più gravi!
Questo paradosso può purtroppo essere generalizzato: tempi addirittura più brevi di quelli consentiti dall’otturatore meccanico servono proprio a fronteggiare soggetti dai movimenti eccezionalmente rapidi. Tali situazioni rappresentano però, per eccellenza, uno dei casi in cui l’otturatore elettronico è fortemente sconsigliato.
Esistono in verità situazioni in cui sono necessari tempi rapidissimi anche in associazione a situazioni statiche (foto ad aperture di diaframma ampie e molta luce) ma si tratta di casi rari.
Un discorso simile vale anche per la velocità di raffica superiore: tendenzialmente, questa esigenza sorge in associazione a soggetti dal movimento molto rapido: d’altronde, se il soggetto si muovesse lentamente, una velocità di raffica contenuta sarebbe probabilmente sufficiente.
Esiste però una considerazione ancora più importante: l’insorgenza degli artefatti da rolling shutter e la loro entità non sono fisse. Piuttosto, come abbiamo visto, sono proporzionate al tempo di readout del sensore e dunque – in sostanza – dipendono dalla macchina fotografica utilizzata.
Fotocamere economiche presentano oggi tempi di readout compresi fra i 25ms ed i 40ms e sono quindi molto soggette a tali deformazioni, il che limita fortemente l’impiego dell’otturatore elettronico per la ripresa di scene dinamiche.
Al contrario, le più recenti mirrorless di fascia alta prevedono tempi di readout così ridotti da avvicinarsi ai tempi richiesti dalle tendine dell’otturatore meccanico. Ne sono un esempio i 4,2ms della Sony A1, i 5,5ms della Canon EOS R3 o i 4ms della Nikon Z9.
Usando fotocamere dalle prestazioni simili vengono ovviamente ridimensionati gli svantaggi tipici dell’otturatore elettronico, il quale può trovare ampio spazio anche in situazioni per le quali il suo impiego sarebbe normalmente sconsigliato.
In definitiva, più che fare riferimento ad una lista di ‘situazioni tipiche’, per capire se sia meglio usare otturatore meccanico o elettronico bisogna per prima cosa conoscere la propria macchina fotografica e sapere in che modo reagisce a situazioni diverse.
Un consiglio è quello di effettuare diversi test in situazioni controllate così da poter prevedere quali risultati attendersi in situazioni reali.
Altre tipologie di otturatori
Ad oggi, qualsiasi otturatore fotografico rientra in una delle due tipologie che abbiamo discusso (meccanico o elettronico). Esistono però alcune sotto-categorie o delle particolari modalità di utilizzo, talvolta catalogate come tipologie a sé stanti, che vale la pena citare.
Otturatore centrale
L’otturatore centrale (indicato anche con l’espressione inglese leaf shutter), è un otturatore meccanico che, a differenza di quello a tendine, non risiede sul piano focale (davanti al sensore), bensì all’interno dell’obiettivo. Presenta una forma circolare ed è composto da una serie di lamelle, il che lo rende molto simile ad un diaframma.

Aprendosi a chiudendosi, le lamelle assolvono al compito di bloccare e sbloccare il passaggio della luce che raggiungerà poi il sensore.
Il principale vantaggio dell’otturatore centrale consiste nel fatto che l’intera superficie del sensore viene esposta alla luce contemporaneamente, il che consente fra l’altro di utilizzare il flash a tempi di posa altrimenti proibitivi (anche a 1/2.000 o più).
Di contro, prevede una struttura più complessa e soprattutto, essendo collocato all’interno dell’obiettivo, richiede che sia in dotazione a ciascuna ottica.
Ciò si adatta poco, ovviamente, alle fotocamere ad obiettivo intercambiabile, per le quali è più conveniente avere un unico otturatore. Infatti, l’otturatore centrale sopravvive oggi solo su alcune macchine fotografiche ad obiettivo integrato, oltre che su rari sistemi professionali.
Global Shutter
Il global shutter è una particolare modalità di otturatore elettronico che consente di acquisire l’intera immagine in un solo istante, anziché leggere il sensore riga per riga come accade nel tradizionale rolling shutter.
Questa modalità di funzionamento elimina alla radice tutte le problematiche legate alle deformazioni da rolling shutter, alle quali abbiamo dedicato buona parte di questa guida. Vengono inoltre superati altri limiti tipici dell’otturatore elettronico, come lo sfarfallio con luce artificiale o la difficoltà di sincronizzazione con il flash.
Il global shutter è già una realtà: da anni viene impiegato in videocamere professionali e ambiti industriali, ed in tempi recenti ha fatto la sua comparsa anche fra le mirrorless di fascia alta.
In particolare, il 2024 ha visto l’annuncio della Sony A9 Mark III, la prima mirrorless full frame dotata di global shutter, in grado di supportare una raffica fino a 120 fps, tempi di posa fino a 1/80.000 di secondo e sincronizzazione del flash fino ad 1/8.000.
Sebbene oggi il global shutter sia ancora riservato a prodotti di fascia professionale, è probabile che nei prossimi anni questa tecnologia si diffonda sempre di più, diventando uno standard nelle fotocamere di fascia alta e, gradualmente, raggiungendo anche segmenti meno specializzati.
Otturatore Ibrido
L’otturatore ibrido, chiamato anche otturatore a prima tendina elettronica (EFCS – Electronic First Curtain Shutter) è una modalità di utilizzo che si pone a metà strada fra l’otturatore meccanico e quello elettronico.
In questo caso, al momento dello scatto, il sensore è già scoperto (la prima tendina meccanica è aperta) e l’esposizione inizia per via elettronica. Tuttavia, la fine dell’esposizione viene comunque dettata dalla chiusura della seconda tendina meccanica.
Questo stratagemma permette di evitare i problemi dovuti alle deformazioni da rolling shutter beneficiando comunque (sia pure parzialmente) di alcuni dei vantaggi tipici dell’otturatore elettronico.
In particolare, si ricava uno scatto più silenzioso rispetto all’otturatore meccanico e vengono annullate le possibili vibrazioni dovute al movimento delle tendine (quello della seconda tendina è ininfluente, perché conclude l’esposizione).