“Triangolo dell’esposizione” è un’espressione ampiamente utilizzata nell’ambito delle tecnica fotografica per rappresentare i concetti di base che ruotano intorno all’esposizione di una fotografia.
Nella guida che segue, scopriremo che cos’è il triangolo dell’esposizione, perché sia così importante e come possa aiutarci nella nostra crescita fotografica.
Indice dei contenuti
Cos’è il triangolo dell’esposizione
Il primo a fare riferimento ad un triangolo dell’esposizione dovrebbe essere stato il fotografo Bryan Peterson (ne siamo quasi del tutto sicuri) nel suo celebre libro Corso Avanzato di Fotografia, del 1994.
La figura geometrica del triangolo, che si articola su tre lati, viene usata come un paragone dell’esposizione fotografica, anch’essa basata su tre parametri fondamentali: tempi, diaframmi ed ISO.
Il concetto di triangolo dell’esposizione non è quindi una regola a sé stante e non aggiunge nulla alle leggi di base della tecnica fotografica. Si tratta piuttosto di un’immagine che permette di rappresentare tali leggi in maniera più immediata, schematica e facilmente comprensibile.
In questo articolo ci limiteremo a soffermarci sul significato di questa specifica espressione, senza addentrarci in questioni troppo tecniche (in parte comunque riprese).
Se vi siete da poco affacciati al mondo della fotografia, speriamo che questa guida possa rappresentare un’interessante introduzione. Tuttavia, vi suggeriamo di prendere come principale riferimento la pagina dedicata all’esposizione fotografica (nella quale gli stessi argomenti sono trattati in maniera più approfondita e strutturata) e gli altri articoli presenti nell’apposita sezione del nostro corso di fotografia.
I tre lati dell’esposizione
Come dicevamo, secondo le regole basilari della tecnica fotografica, l’esposizione è il frutto di tre parametri specifici, controllabili dal fotografo:
- Tempo di esposizione
- Apertura di diaframma
- Sensibilità ISO
Variare uno di questi parametri avrà ripercussioni anche su altri aspetti della fotografia (ad esempio sulla profondità di campo o sull’entità del mosso) ma tutti e tre, separatamente, incidono sulla quantità di luce che sarà registrata dal sensore della fotocamera, ossia sull’esposizione.
Ridurre il tempo di otturazione senza toccare diaframma ed ISO porterà ad una fotografia più scura (sottoesposta). Lo stesso risultato lo otterremo se chiudessimo il diaframma senza variare tempi ed ISO o se abbassassimo la sensibilità ISO senza toccare tempi e diaframmi.
Se, data una combinazione di parametri di partenza, vogliamo usare un tempo più breve mantenendo la stessa esposizione dovremo quindi, necessariamente, aprire il diaframma o aumentare la sensibilità ISO.
Allo stesso modo, se volessimo usare un’apertura di diaframma inferiore senza cambiare la luminosità della foto, dovremmo allungare il tempo di esposizione oppure aumentare gli ISO (o agire in misura minore su entrambi i parametri).
La regola generale è quindi che, modificando uno dei parametri, se si vuole mantenere la stessa esposizione, bisognerà necessariamente compensare agendo in maniera speculare su almeno uno degli altri due.
Da qui il parallelismo con il triangolo: se volessimo modificare la lunghezza di uno dei suoi lati, dovremmo necessariamente modificare anche quella di almeno un altro, al fine di preservare una figura triangolare corretta.
Per chiarire meglio con un esempio reale, osserviamo la sequenza di immagini qui sotto, realizzata tentando varie combinazioni di tempi, diaframmi ed ISO.
La prima fotografia è stata acquisita a 1/250″, f/8 ed ISO 200, che identifichiamo come i valori di partenza suggeriti dalla fotocamera. Per la seconda immagine abbiamo allungato il tempo di 1 stop (da 1/250 a 1/125″) e chiuso il diaframma della stessa misura (1 stop: da f/8 ad ad f/11).
Nell’ultima foto abbiamo invece ridotto sia l’apertura di diaframma che il tempo di posa di 1 stop rispetto ai parametri di partenza e, per compensare, abbiamo dovuto aumentare di 2 stop la sensibilità, da 200 a 800 ISO.
Proprio perché abbiamo seguito le regole del triangolo dell’esposizione, il livello di luminosità è rimasto invariato nei tre scatti.
Questo non significa che le tre foto siano necessariamente uguali: ogni specifica combinazione di tempi, diaframmi ed ISO, comporta variazioni nella profondità di campo, nella nitidezza del soggetto (intesa come assenza di mosso) e nella quantità di rumore digitale.
Più avanti, ricorreremo ad altri esempi per dimostrare come in base al soggetto specifico una determinata combinazione di parametri possa essere più idonea delle altre. Per adesso, osserviamo invece cosa accade se, partendo dall’esposizione di base, variassimo solo uno dei tre parametri senza agire sui restanti due.
Nella prima delle due immagini qui sopra abbiamo mantenuto tempo e diaframma sui valori iniziali (1/250″ – f/8) ma aumentato di 2 stop la sensibilità ISO. Il sensore ha dunque acquisito più luce di quanta ne servisse ed il risultato è stato una foto sovraesposta di 2 stop.
Per la seconda immagine, al contrario, abbiamo mantenuto tempo e sensibilità sui valori di partenza, chiudendo però il diaframma di 1 stop ed ottenendo quindi una foto sottoesposta.
Analogie fra esposizione e triangolo
Le analogie fra la figura del triangolo e le regole che definiscono l’esposizione fotografica potrebbero essere espresse in maniera ancora più chiara, facendo riferimento agli angoli.
Una volta, quando eravamo in seconda media, durante una delle noiosissime ore di matematica, l’insegnante ci ha spiegato come la somma dei 3 angoli interni di un triangolo sia sempre uguale a 180°. Difatti, all’aumentare dell’ampiezza di uno degli angoli si ridurrebbe inevitabilmente quella degli altri due.
Il triangolo dell’esposizione estende questa semplice regola alla fotografia: anche qui, se modifichiamo uno fra tempi, diaframmi e ISO, dobbiamo necessariamente agire in maniera uguale e contraria su uno degli altri due (o su entrambi).
Le foto alla luna possono fornirci un esempio reale: si tratta di un soggetto un po’ delicato per il quale il rischio di incorrere in foto mosse o fuori fuoco è sempre dietro l’angolo. Dato che eventuali errori sarebbero difficilmente percepibili in fase di scatto, vale la pena eseguire diverse riprese variando lievemente i parametri dell’esposizione, scegliendo poi a posteriori la versione più riuscita.
La prima immagine è quella che presenta i parametri più equilibrati, con valori medi per tempo, apertura ed ISO; la abbiamo infatti rappresentata con un triangolo equilatero, a simboleggiare come tutti e tre i fattori concorrano nella stessa misura al raggiungimento dell’esposizione corretta.
Per la seconda immagine abbiamo ridotto la sensibilità di 2 stop, da ISO 400 ad ISO 100 e, di conseguenza, abbiamo dovuto aprire il diaframma ed allungare il tempo di posa (entrambi nella misura di 1 stop). Potremmo dire di aver reso un po’ più ottusi gli angoli di tempo ed apertura e più acuto quello degli ISO.
Per l’ultima foto, al contrario, gran parte della quantità di luce assorbita dal sensore dipende dalla sensibilità particolarmente elevata (3.200 ISO) mentre si riduce il contributo di tempo ed apertura. Nello schema, questa situazione è rappresentata da un triangolo con l’angolo superiore (quello degli ISO) molto più ampio dei restanti due.
A cosa serve il triangolo dell’esposizione
Come detto sin dall’inizio, il triangolo dell’esposizione non aggiunge nulla di nuovo alla tecnica fotografica ma vuole piuttosto rappresentarne in maniera intuitiva le sue regole di base.
Che ci si voglia appoggiare o meno a questa metafora, la nozione fondamentale da acquisire riguarda il modo in cui tempo di posa, apertura di diaframma e sensibilità ISO concorrano a determinare l’esposizione di una fotografia.
La domanda che un principiante potrebbe legittimamente porsi è piuttosto a cosa serva conoscere nel dettaglio tali regole, dato che macchine fotografiche e smartphone svolgono un egregio lavoro anche in maniera automatica. Facciamo allora qualche considerazione e ricorriamo a qualche ulteriore esempio reale per evidenziare l’utilità pratica di queste conoscenze.
Nel momento in cui premiamo il pulsante di scatto, l’esposimetro della macchina fotografica ha già misurato automaticamente la quantità di luce presente nella scena ed ha regolato di conseguenza i parametri di scatto da utilizzare.
Se imposta in modalità automatica, la fotocamera tende tipicamente ad impiegare tempi di posa più rapidi possibile, così da ridurre il rischio di foto mosse. Per far ciò, potrebbe regolare il diaframma sull’apertura più ampia e gli ISO su un valore abbastanza elevato da consentire, appunto, tempi sufficientemente rapidi.
Tornando alla nostra metafora, potremmo insomma dire che la fotocamera, lasciata a se stessa, amplii il più possibile gli angoli di diaframma ed ISO, restringendo quello del tempo di otturazione.
Esempio 1: contenere la sensibilità ISO
Per la prima delle due foto qui sotto, la fotocamera ha regolato il diaframma sull’apertura massima consentita dall’obiettivo in questione (f/5,6) e gli ISO su un valore molto elevato (3.200), il tutto al solo scopo di risparmiare sul tempo di scatto.
L’esposizione è in effetti corretta, ma le scelte della fotocamera hanno comportato una notevole perdita di definizione, come risultato di ISO così alti. Inoltre, un tempo relativamente rapido ha congelato il movimento delle onde, laddove l’intenzione del fotografo era quella di ricavare un marcato effetto seta sull’acqua (possibile solo con esposizioni molto lunghe).
Applicando le regole legate al triangolo dell’esposizione abbiamo potuto facilmente intervenire, chiudendo il diaframma di due stop e portando gli ISO sul valore di base, ricavando così un tempo di ben 30″ (utilizzabile senza rischio di mosso, dato che si disponeva di un treppiedi).
Abbiamo insomma ampliato l’angolo del tempo di posa restringendo quelli di apertura ed ISO, esattamente l’opposto di quanto proposto dalla fotocamera.
Esempio 2: ridurre il tempo di posa
In altri casi, l’esigenza è invece quella opposta, ossia ridurre il tempo di scatto rispetto a quello suggerito dagli automatismi della macchina, se il soggetto ripreso lo richiede.
Questa foto di esempio, che ritrae una beccaccia di mare in volo, è stata scattata con un tempo di 1/2000″, un’apertura di f/8 ed una sensibilità di 3.200 ISO.
L’esposizione è dunque molto sbilanciata sul versante degli ISO mentre il nostro angolo del tempo di posa è particolarmente acuto. Perché questa scelta?
L’immagine sarebbe stata correttamente esposta anche se avessimo scelto parametri equivalenti ma più equilibrati, come 1/125″, f/8 ed ISO 200; una sensibilità inferiore avrebbe anzi anche ridotto il rumore digitale, migliorando la qualità d’immagine.
Tuttavia, un tempo di 1/125″ sarebbe stato ampiamente al di sotto della soglia di sicurezza per la ripresa di uccelli in volo ed utilizzandolo saremmo certamente incorsi in un evidente mosso sul soggetto, a causa dei suoi rapidissimi movimenti.
Esempio 3: gestire la profondità di campo
Altra eventualità ricorrente è quella di dover chiudere il diaframma rispetto a quanto suggerito dalla macchina fotografica, compensando con un rallentamento del tempo di esposizione e/o un aumento della sensibilità ISO.
Per questa foto di una una chiesa fortificata in Transilvania, valori di 1/200″, f/4 ed ISO 100 avrebbero portato ad un’esposizione corretta, in base alle misurazioni dell’esposimetro.
Tuttavia, la presenza di elementi in primissimo piano richiedeva una profondità di campo molto ampia affinché tutto risultasse a fuoco e dunque un’apertura di diaframma ben più ristretta.
Una volta individuata come soglia di sicurezza un’apertura di f/13, per come previsto della regole del triangolo dell’esposizione e per come abbiamo già visto nei precedenti esempi, si doveva scegliere come compensare i restanti parametri al fine di ricavare comunque una corretta esposizione.
Normalmente si sarebbe scelto di ampliare l’angolo del tempo di otturazione e mantenere gli ISO sul livello più basso, scattando quindi ad 1/20″, f/13, ISO 100.
In realtà esisteva in questo caso un ulteriore vincolo, ossia la necessità di riprendere a mano libera, in assenza di un treppiedi. Per scongiurare – anche in questo caso – il rischio di mosso si è quindi scelto di scattare a 1/125″, f/13 ed ISO 800.