La messa a fuoco è una delle operazioni più importanti da effettuare in fase di scatto, affinché il soggetto della fotografia appaia perfettamente nitido.
Qualsiasi moderna macchina fotografica permette di mettere a fuoco automaticamente. Le fotocamere di fascia più alta consentono inoltre di personalizzare il funzionamento dell’autofocus attraverso diverse opzioni avanzate ed offrono la possibilità di focheggiare anche manualmente.
In questo articolo, descriveremo innanzitutto alcuni concetti generali legati alla messa a fuoco, per poi spiegare come gestire sia quella manuale che quella automatica.
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La Distanza di Messa a Fuoco
Quando mettiamo a fuoco su un soggetto, non stiamo facendo altro che regolare una distanza: quella che separa tale soggetto, appunto, dal sensore della fotocamera.
Tutto ciò che si trova a questa distanza di messa a fuoco (e non soltanto il soggetto di nostro interesse) apparirà nella foto perfettamente definito.
L’insieme dei punti che si trovano a questa distanza dalla macchina fotografica è detto piano di messa a fuoco o piano di fuoco critico.
Nello schema sotto, abbiamo ipotizzato di impostare la distanza di messa a fuoco ad 1,5m, in corrispondenza del fiore coi petali gialli al centro. Sullo stesso piano di messa a fuoco sono però presenti anche altri due fiori, che nella foto appariranno quindi, a loro volta, perfettamente nitidi.
Tutti gli altri fiori che rientrano nell’inquadratura ma che si trovano ad una distanza diversa, saranno invece fuori fuoco, e nella foto appariranno confusi, poco definiti.
L’esempio qui sopra potrebbe avervi fatto sorgere alcune perplessità: dopotutto, siamo abituati ad osservare anche scatti nei quali è tutto a fuoco. Nelle fotografie paesaggistiche, ad esempio, la nitidezza va normalmente dal primo piano fino allo sfondo. Nel prossimo paragrafo spiegheremo come ciò sia possibile.
La Profondità di Campo
In realtà, sebbene il piano di messa a fuoco sia sempre e solo uno, anche gli oggetti situati ad una distanza simile, di poco maggiore o minore, saranno sufficientemente nitidi.
Man mano che ci si allontana dal piano di fuoco critico, gli elementi appariranno invece progressivamente più sfocati.
L’area attorno al piano di messa a fuoco, all’interno della quale si può apprezzare una nitidezza accettabile, è detta profondità di campo ed a seconda delle circostanze può essere più o meno estesa. In alcuni casi essa copre solo pochi millimetri (nella macrofotografia, ad esempio) mentre in altre situazioni riguarda pressoché l’intera immagine.
Per quanto questo argomento sia strettamente correlato alla messa a fuoco, vista la sua complessità abbiamo deciso di trattarlo in un articolo separato, dedicato unicamente alla profondità di campo in fotografia.
La Messa a Fuoco Manuale
In linea generale, ad offrire la messa a fuoco manuale sono le macchine fotografiche ad obiettivo intercambiabile. A queste si aggiungono alcune fotocamere compatte e bridge: casi comunque piuttosto rari.
Per usare la messa a fuoco manuale bisogna innanzitutto spostare l’interruttore presente sull’obiettivo sulla posizione MF (Manual Focus) o M. In seguito, si ruota l’apposita ghiera finché la distanza di messa a fuoco non coincida con il punto desiderato.
Molti obiettivi di fascia media o alta dispongono anche di una scala delle distanze, che indica quale sia la distanza di messa a fuoco impostata man mano che si ruota la ghiera. Ciò può tornare utile nel caso fosse impossibile effettuare visivamente questa operazione, ad esempio quando si scatta al buio.
Quando Usare la Messa a Fuoco Manuale
Vi starete forse chiedendo quando conviene usare la messa a fuoco manuale anziché quella automatica, che è sicuramente più sbrigativa.
Diciamo innanzitutto che in alcune circostanze l’autofocus potrebbe non essere disponibile. Ad esempio, questa funzionalità viene meno quando si ricorre ai tubi di prolunga per le foto macro e (in alcuni casi) ai moltiplicatori di focale.
Molti adattatori economici, come quelli che permettono di usare sulle mirrorless gli obiettivi progettati per le reflex, comportano talvolta la perdita dell’autofocus, o lo rendono talmente lento che si preferisce farne a meno.
Esistono poi alcuni obiettivi, anche moderni (come il Samyang 14mm), che semplicemente non prevedono un motore autofocus.
Infine, l’autofocus delle fotocamere non è certo infallibile e va sempre tenuto a mente che la macchina fotografica non sa cosa vogliamo che sia a fuoco nell’immagine. Pertanto, in alcune situazioni, potrebbe ostinarsi a mettere a fuoco su un soggetto diverso da quello di nostro interesse (perché magari si trova più vicino).
Particolari difficoltà nella messa a fuoco automatica sorgono quando c’è poca luce, quando il soggetto ha un contrasto basso, quando qualcosa si frappone fra noi ed il soggetto, e così via…
Consigli per una Messa a Fuoco Manuale Perfetta
Ad ogni modo, nella maggior parte dei casi, la messa a fuoco manuale è una precisa scelta del fotografo. Soprattutto quando si lavora con soggetti statici e con una profondità di campo limitata, focheggiare manualmente permette di effettuare una regolazione molto più accurata.
Per una messa a fuoco manuale perfetta, il primo consiglio è quello di posizionare la fotocamera sul treppiedi. Infatti, come dicevamo, si ricorre perlopiù al fuoco manuale quando è necessaria la massima precisione: se dopo aver focheggiato la fotocamera si spostasse anche lievemente, la distanza di messa a fuoco rischierebbe di non coincidere più con il soggetto.
In generale, è sconsigliabile inquadrare attraverso il mirino: molto meglio attivare il Live View sul più ampio display LCD e zoomare al massimo sul particolare che desiderate sia a fuoco.
Il Focus Peaking
Un’interessante funzionalità messa a disposizione da alcune moderne macchine fotografiche per agevolare la messa a fuoco manuale è il focus peaking.
Attivando il focus peaking, i soggetti sui quali cade la messa a fuoco vengono evidenziati sul mirino elettronico e sul display con un particolare colore (rosso nell’esempio sopra). In questo modo si può avere una conferma che i soggetti di nostro interesse siano effettivamente a fuoco.
L’Autofocus: Messa a Fuoco Automatica
Occupiamoci adesso dell’autofocus, ossia della messa a fuoco automatica, ormai disponibile su qualsiasi fotocamera, da quella integrata negli smartphone alla più professionale delle reflex.
I sistemi più economici, come le compatte, offrono di solito un autofocus ridotto all’essenziale. Semplicemente, premendo il pulsante di scatto a metà la fotocamera regolerà la distanza di messa a fuoco sull’elemento che più probabilmente rappresenta il soggetto della foto.
Se siete abituati alle fotocamere amatoriali, vi sorprenderete forse nell’apprendere quante siano le impostazioni avanzate che riguardano il funzionamento dell’autofocus!
Per la messa a fuoco automatica, vengono chiamati in causa due componenti separati che svolgono diverse funzioni:
- Il processore della fotocamera si occupa di stabilire quale sia effettivamente la corretta distanza di MAF.
- Il motore AF dell’obiettivo “risponde agli ordini” della fotocamera e si occupa dell’effettivo spostamento delle lenti interne per regolare la messa a fuoco.
L’efficienza dell’autofocus, quindi, dipende in parte dalla macchina fotografica ed in parte dall’obiettivo.
Sistemi di Messa a Fuoco Automatica
Nelle operazioni di messa a fuoco automatica, la fotocamera rappresenta dunque il “cervello“: essa ha il compito di stabilire qual è la distanza corretta sulla quale focheggiare.
Per misurare questa distanza esistono diversi metodi, ed una prima distinzione si può fare tra quelli passivi e quelli attivi.
I metodi attivi prevedono l’emissione di una qualche forma di energia in direzione del soggetto, solitamente di ultrasuoni. Queste onde, colpendo il soggetto, rimbalzeranno poi verso la fotocamera e sulla base del tempo impiegato, essa sarà in grado di ricavare la distanza del soggetto.
In alternativa agli ultrasuoni vengono anche utilizzati raggi laser o infrarossi. In ogni caso, i sistemi attivi non sono più utilizzati dalle moderne fotocamere.
La stragrande maggioranza delle macchine fotografiche oggi in commercio utilizza un sistema di autofocus passivo. Questo metodo permette di stabilire quale sia la distanza del soggetto semplicemente analizzando l’immagine stessa che passa attraverso l’obiettivo.
I sistemi passivi possono dividersi ulteriormente in due categorie: a rilevamento di contrasto ed a rilevamento di fase. Entrambi sono ad oggi molto utilizzati.
Autofocus a Rilevamento di Contrasto
L’autofocus a rilevamento di contrasto parte dal principio che la messa a fuoco più precisa coincide con il contrasto massimo.
La fotocamera misurerà quindi il livello di contrasto dell’immagine a diverse distanze di messa a fuoco, per poi fermarsi sulla posizione che ha mostrato quello più elevato.
Lo schema qui sopra riassume per grandi linee il funzionamento dell’autofocus a rilevamento di contrasto:
- La fotocamera analizza l’immagine e ne misura il livello di contrasto.
- La macchina prova una diversa distanza di messa a fuoco e misura nuovamente il contrasto (che è aumentato, quindi ci si sta avvicinando).
- Variando ancora la distanza di messa a fuoco il contrasto migliora ulteriormente. In effetti, la terza foto è perfettamente a fuoco, ma la macchina ha bisogno di ulteriori passaggi per stabilirlo.
- Quando la macchina varia ancora la distanza di messa a fuoco si accorge che il contrasto è peggiorato.
- A questo punto, la fotocamera torna alla posizione precedente e permette di scattare.
Il metodo di autofocus a rilevamento di contrasto è molto preciso ma, come potrete facilmente intuire, anche piuttosto lento. La macchina deve infatti procedere per tentativi, ed anche una volta trovata la corretta distanza di messa a fuoco, come abbiamo visto, sono necessari dei passaggi aggiuntivi.
Inoltre, partendo da una determinata posizione, la macchina non è in grado di stabilire se la corretta distanza di messa a fuoco si trovi più vicino o più lontano.
Ad oggi, l’autofocus a rilevamento di contrasto è utilizzato tipicamente dalle fotocamere compatte e dagli smartphone. Per motivi che spiegheremo a breve, anche molte reflex, quando si attiva il Live View, si affidano a questo sistema.
Autofocus a Rilevamento di Fase
L’autofocus a rilevamento di fase nasce con le fotocamere reflex e garantisce una rapidità notevolmente superiore rispetto a quello a rilevamento di contrasto.
Nelle reflex, la maggior parte della luce che attraversa l’obiettivo viene riflessa dallo specchio all’interno del pentaprisma, in modo che l’immagine appaia all’interno del mirino ottico.
Parte di questa luce, viene però deviata (da uno specchio secondario) verso un apposito modulo AF situato sul fondo della macchina. Questo componente integra diversi sensori AF disposti a coppie: per ogni punto AF della fotocamera è presente una coppia di sensori.
Ognuno di questi due sensori riceve raggi luminosi provenienti da un estremo diverso dell’obiettivo. Misurando la differenza di fase tra i due segnali, la fotocamera potrà valutare l’accuratezza della messa a fuoco, sfruttando un sistema simile al telemetro.
Se le due immagini combaciano, la messa a fuoco è perfetta. Anche in caso contrario, però, si può comunque stabilire – in base proprio alla loro divergenza – in quale direzione applicare la correzione ed in quale misura.
Se nei sistemi a rilevamento di contrasto la fotocamera deve procedere per tentativi, l’autofocus a rilevamento di fase permette quindi di andare a colpo sicuro, il che ne spiega la maggiore rapidità.
Per come lo abbiamo descritto, il sistema a rilevamento di fase può essere utilizzato soltanto sulle reflex, dato che richiede la presenza di un apposito specchio e di un sensore dedicato.
Inoltre, le stesse reflex non possono utilizzare l’autofocus a rilevamento di fase quando è attivo il Live View o quando si riprendono filmati, dato che in queste situazioni lo specchio si abbassa. In questi casi, molte reflex passano quindi al sistema a rilevamento di contrasto, con un conseguente peggioramento delle prestazioni dell’autofocus.
Negli ultimi anni, comunque, si è riusciti ad integrare un tipo di autofocus a rilevamento di fase direttamente sul sensore d’immagine. Ciò ha permesso di dotare di questo sistema anche le fotocamere mirrorless ed alcune reflex, con tutti i vantaggi che ne derivano.
Selezione dell’Area AF
Quelli analizzati finora sono i metodi adottati dalla macchina fotografica per stabilire quale sia la corretta distanza di messa a fuoco di un soggetto.
All’interno dell’inquadratura sono però normalmente presenti diversi elementi, situati a distanze differenti. Su quale particolare punto o su quale soggetto, dunque, la fotocamera dovrà regolare la messa a fuoco?
Possiamo indicare noi stessi alla macchina quale sia la zona che ci interessa avere a fuoco. Per farlo, dovremo selezionare l’area AF più appropriata.
Se osserviamo il mirino di una reflex, possiamo vedere in sovrimpressione tutti i suoi punti AF. Questi “quadratini” sono i punti in corrispondenza dei quali è possibile regolare la messa a fuoco.
Lo schema qui sopra, che prenderemo come modello in questa parte dell’articolo, è ispirato all’autofocus della Canon EOS 800D ed è composto da 45 punti AF. Le macchine fotografiche più economiche ne offrono di meno, mentre in altri casi il loro numero è più elevato.
Come abbiamo visto, l’autofocus delle mirrorless ha caratteristiche diverse da quello delle reflex. I punti AF (che in questo caso risiedono direttamente sul sensore) sono normalmente più numerosi e coprono spesso un’area più ampia dell’inquadratura.
Dal punto di vista pratico, comunque, il funzionamento dell’autofocus non varia più di tanto: i concetti che stiamo descrivendo possono quindi essere applicati ad entrambe le tipologie di fotocamere.
Va invece precisato che le modalità di selezione delle aree AF ed il loro funzionamento nel dettaglio variano profondamente a seconda dello specifico modello utilizzato, anche perché sono strettamente legati alle caratteristiche tecniche della fotocamera. I nomi assegnati alle varie modalità possono a loro volta differire in base alla casa produttrice.
Di seguito illustreremo quindi le opzioni più comuni che riguardano la scelta dell’area AF, quelle offerte dalla maggior parte delle macchine fotografiche. Per conoscere in modo dettagliato il loro funzionamento, vi consigliamo di studiare il manuale della vostra fotocamera.
Area AF Automatica
Qualunque fotocamera utilizziate, avrete la possibilità di lasciarle gestire in automatico la scelta dell’Area AF. In questo caso, tutti i punti AF disponibili rimangono attivi e sono quindi utilizzabili per focheggiare sul soggetto.
Starà alla macchina fotografica cercare di capire in corrispondenza di quale di questi punti si trovi l’elemento che si desidera a fuoco. La fotocamera potrebbe cercare di individuare un volto, di rilevare un movimento o potrebbe semplicemente scegliere l’elemento più vicino.
Come tutti gli automatismi delle fotocamere, i risultati saranno probabilmente soddisfacenti nella maggior parte delle situazioni. Si tratta comunque di una modalità da evitare se pretendete di avere il pieno controllo sui vostri scatti.
Area AF Singola
Scegliendo l’area AF singola, vengono disattivati tutti i punti AF ad eccezione di uno in particolare e si forza la fotocamera ad eseguire la messa a fuoco in corrispondenza di quest’ultimo.
Questa modalità, come potrete facilmente immaginare, lascia al fotografo il massimo controllo della messa a fuoco. Di solito è quella che si preferisce quando è necessaria una certa precisione, soprattutto in presenza di una profondità di campo limitata.
È possibile stabilire, nello specifico, quale dei diversi punti AF disponibili verrà attivato, e posizionarlo in corrispondenza del soggetto (o della parte del soggetto) che vogliamo sia a fuoco.
Per esempio, se volessimo applicare la regola dei terzi, dovremmo selezionare un punto lievemente decentrato (in alto a sinistra nell’immagine precedente).
In molte situazioni, comunque, si preferisce piuttosto lasciare attivo il punto AF centrale, poiché normalmente è quello che offre la maggiore rapidità e precisione.
Dopo aver messo a fuoco sul punto centrale, avendo cura di mantenere il pulsante di scatto premuto a metà, si può liberamente cambiare l’inquadratura e decentrare il soggetto.
Ciò richiede ovviamente che non cambi la distanza tra la macchina ed il soggetto e che non sia attivo l’AF continuo (del quale parleremo dopo).
Area AF “Estesa”
Le fotocamere che mettono a disposizione un numero elevato di punti AF permettono di solito di impostare un’area AF che ne comprenda diversi.
Per esempio, si potrebbe selezionare un’area che corrisponde a 9 punti AF: in questo caso, la fotocamera cercherà un soggetto solo all’interno di questa area e tutti i restanti punti verranno disattivati.
Anche nel caso di un’area AF estesa è possibile scegliere una collocazione: nell’esempio è stata posta in basso a sinistra.
Alcuni modelli di fotocamere (parliamo comunque di quelle più avanzate) consentono di scegliere tra aree AF di diverse dimensioni, ad esempio una più ristretta ed una che comprende buona parte del mirino.
Talvolta è anche possibile stabilire arbitrariamente la dimensione dell’area AF (4 punti, 9 punti, etc…).
L’ultimo esempio mostra il caso reale delle reflex semi-professionali Canon: oltre all’area AF “ristretta” da 9 punti vista prima, se ne può scegliere una più ampia, composta da 15 punti (un terzo di quelli disponibili).
Inseguimento dei Soggetti
La maggior parte delle moderne fotocamere ad obiettivo intercambiabile offre buone prestazioni nell’inseguimento dei soggetti, ossia nel mantenere a fuoco un elemento che si sposta all’interno dell’inquadratura.
Questa funzione è fondamentale per praticare la caccia fotografica e la fotografia sportiva, ma può tornare utile anche in situazioni ordinarie, come le foto ai bambini vivaci o agli animali domestici.
Le modalità con le quali la fotocamera gestisce l’inseguimento dipendono strettamente dal modello usato. Di solito si definisce un determinato punto AF di partenza, in corrispondenza del quale la macchina “aggancerà” il soggetto inizialmente.
Gli altri punti AF, o quantomeno quelli adiacenti, restano però attivi e possono essere utilizzati per ricalcolare la messa a fuoco in base al movimento del soggetto.
Le Modalità dell’Autofocus: AF singolo e AF Continuo
L’ultimo aspetto legato all’autofocus che affronteremo in questo articolo è forse quello più importante: la scelta della modalità di messa a fuoco automatica.
Le due modalità principali dell’autofocus sono AF singolo ed AF continuo, alle quali si aggiunge spesso la modalità automatica AF Auto. In base al tipo di scatto che vogliamo realizzare e soprattutto in base al tipo di soggetto ripreso, è importante avere le idee chiare sul loro funzionamento.
AF Singolo (o “One Shot”)
La modalità di autofocus AF Singolo o AF-S (“One Shot” sulle fotocamere Canon) è quella più comune.
Premendo il pulsante di scatto a metà corsa, la fotocamera metterà a fuoco sul punto AF selezionato (o su uno dei punti). Da questo momento in poi, la distanza di messa a fuoco resta bloccata finché non si preme del tutto il pulsante o non lo si rilascia.
Una volta raggiunta la messa a fuoco, quindi, possiamo effettuare immediatamente lo scatto oppure ricomporre l’inquadratura per migliorare la composizione. Abbiamo già accennato a questa procedura poc’anzi, parlando della selezione di un singolo punto AF.
Questa modalità permette quindi di effettuare una messa a fuoco precisa ed accurata ma, nel caso in cui il soggetto si spostasse, sarebbe necessario mettere a fuoco nuovamente.
Pertanto, l’AF-S è consigliabile solo in caso di soggetti piuttosto statici mentre non è indicato per quelli in movimento.
AF Continuo
Vediamo adesso la modalità di Autofocus Continuo o AF-C (“AI Servo” sulle fotocamere Canon).
Anche in questo caso, premendo il pulsante di scatto a metà, la macchina eseguirà la messa a fuoco sul soggetto in corrispondenza del punto AF selezionato.
Tuttavia, usando l’autofocus continuo, la distanza di messa a fuoco non viene bloccata: la macchina continuerà a ricalcolarla continuamente finché viene mantenuta la pressione sul pulsante di scatto. Solo rilasciando il pulsante di otturazione, la fotocamera smetterà di calcolare la distanza di messa a fuoco.
Questa modalità è quella più adatta per fotografare soggetti in rapido movimento: mantenendoli in corrispondenza di un’area AF attiva, la macchina continuerà infatti a calcolare la messa a fuoco su di essi.
Viene invece meno la possibilità di mettere a fuoco su un punto (magari quello centrale) e poi ricomporre l’inquadratura.
AF Automatico
Molte fotocamere presentano infine una modalità autofocus automatica, spesso indicata con AF-A (“AI Focus” sulle fotocamere Canon).
In questo caso, la macchina fotografica cercherà di interpretare la scena ed il tipo di soggetto inquadrato, provando a stabilire se sia statico oppure in movimento. Su questa base sceglierà se usare l’autofocus singolo oppure quello continuo.