L’Iperfocale in Fotografia: Cos’è, a Cosa Serve e Come si Usa

La distanza iperfocale è un principio utilizzato in fotografia al fine di ottimizzare la profondità di campo e fare in modo che tutti gli elementi inquadrati appaiano perfettamente a fuoco.

In questo articolo vi spiegheremo che cos’è la distanza iperfocale, quando utilizzarla, come si applica e da quali fattori sia determinata. Vi forniremo inoltre le tabelle dell’iperfocale da usare come riferimento per le vostre fotografie.

Cos’è la Distanza Iperfocale in Fotografia

Per cominciare, chiariamo meglio che cos’è la distanza iperfocale dandone la precisa definizione:

L’iperfocale è quella distanza di messa a fuoco tale che, per un determinato diaframma ed una determinata focale, si ricavi la massima profondità di campo possibile.

Usando una specifica coppia focale/diaframma, l’estensione della profondità di campo dipenderà unicamente dalla distanza di messa a fuoco scelta. L’iperfocale è semplicemente quella specifica distanza che ne comporta l’ampiezza maggiore.

schema che illustra la diversa estensione della profondità di campo al variare della distanza di messa a fuoco, specificando come l'iperfocale consenta l'estensione maggiore
Iperfocale a 18mm f/8 su APS-C

Questo schema mostra ad esempio l’estensione della profondità di campo usando un 18mm a f/8 su APS-C.

Come vedete, impostando la distanza di messa a fuoco su 1m, la profondità di campo sarà di appena 90cm. Se la regolassimo invece su 10m, l’area nitida coprirebbe tutti i soggetti da 2,1 metri in poi (infinito).

Mettendo a fuoco sull’iperfocale, in questo caso 2,7m, sposteremo il limite inferiore della profondità di campo su appena 1,3; tutti gli elementi da questa distanza in poi appariranno nitidi.

Abbiamo preso come esempio la focale di 18mm perché è quella di partenza del classico obiettivo tuttofare spesso in dotazione con le reflex amatoriali, il 18-55mm, appunto.

Viene da sé che ogni coppia focale/diaframma presenta una sua precisa distanza iperfocale. Più avanti nell’articolo troverete le tabelle riassuntive con i parametri più spesso utilizzati.

Per ora, vediamo la seconda importantissima caratteristica dell’iperfocale, che va sempre tenuta a mente:

Mettendo a fuoco sulla distanza iperfocale, la profondità di campo coprirà tutti gli elementi dalla metà della distanza stessa fino all’infinito.

Se in base alla coppia focale/diaframma scelta ci ritroviamo con una iperfocale di 6 metri, significa che mettendo a fuoco a tale distanza appariranno nitidi tutti gli elementi da 3 metri in poi (fino all’infinito).

fotografia che ritrae un paesaggio naturale contraddistinta da una notevole profondità di campo: una barca in primo piano, su un lago alpino, con una montagna sullo sfondo.

Facciamo anche un esempio pratico, per chiarire meglio. Questa foto è stata scattata a bordo di una delle piccole imbarcazioni che vengono noleggiate sul lago di Braies, in Alto Adige.

Si voleva fare in modo che nell’inquadratura fossero incluse sia la prua della barchetta, in primo piano, che le montagne sullo sfondo (diciamo all’infinito).

Se mettessimo automaticamente a fuoco sul primo piano, potremmo star certi che le montagne in lontananza apparirebbero sfocate. Se, al contrario, regolassimo la messa a fuoco sullo sfondo, ci ritroveremmo probabilmente con la barca fuori fuoco.

In casi come questi, come avrete intuito, può tornarci utile la tecnica della distanza iperfocale.

I fattori che dobbiamo tenere in considerazione sono semplicemente la lunghezza focale (10mm su APS-C) e la distanza alla quale si trova l’elemento più vicino che vogliamo sia a fuoco (ipotizziamo 70cm).

Facendo riferimento alle tabelle dell’iperfocale (che vi mostreremo tra un attimo), possiamo apprendere che chiudendo il diaframma su f/5,6 la distanza iperfocale sarà di 1,19 metri.

Regolando la messa a fuoco su di essa, tutti gli elementi saranno a fuoco da 60cm circa (la metà di questa distanza) in poi: un’estensione sufficiente per la nostra foto.

Tabelle Iperfocale

Di seguito ecco le tabelle con le distanze iperfocali per le aperture di diaframma e le lunghezze focali più utilizzate. Cliccate su di esse per visualizzarle a dimensione piena.

tabella distanza iperfocale per fotocamere con sensore APS-C
tabella distanza iperfocale per fotocamere con sensore full frame

La prima tabella è quella da consultare se possedete una fotocamera con sensore APS-C, mentre la seconda è valida per le macchine full frame. Più avanti spiegheremo il motivo per il quale la distanza iperfocale vari a seconda del sensore impiegato.

Se vi interessa conoscere l’iperfocale relativa ad altre coppie focale/diaframma o ad altri sensori, potete servirvi dello strumento presente su questo sito, al quale noi stessi abbiamo fatto riferimento per compilare le tabelle.

In alternativa, installate sul vostro smartphone un’applicazione per la distanza iperfocale: potete provare questa app per Android e questa per iOS.


Quando Usare l’Iperfocale

Il principio di distanza iperfocale è associato alla fotografia grandangolare (o comunque a focali non troppo lunghe) ed all’esigenza di una profondità di campo quanto più ampia possibile.

Sono quindi escluse a priori tutte le situazioni nelle quali vogliamo mettere selettivamente a fuoco sul soggetto lasciando le altre parti dell’immagine più o meno sfocate.

paesaggio privo di elementi distinguibili in primo piano
Paesaggio privo di elementi (identificabili) in primo piano: inutile usare l’iperfocale

Allo stesso modo, l’iperfocale non sarà utile nel caso in cui tutti i punti del soggetto ricadano sullo stesso piano apparente (ad esempio sullo sfondo). Per queste situazioni non è ovviamente richiesta una profondità di campo elevata.

Inoltre, è piuttosto raro che si usi l’iperfocale (quantomeno consapevolmente) negli scatti per così dire ragionati, eseguiti in condizioni controllate. In questi casi abbiamo infatti tutto il tempo di studiare la composizione e di verificare l’effettiva nitidezza di tutti gli elementi inquadrati, magari aiutandoci con il live view al massimo ingrandimento.

Se ad esempio stiamo fotografando un paesaggio con la fotocamera su treppiedi, possiamo tranquillamente chiudere il diaframma ad oltranza (entro i limiti della diffrazione) ed essere certi di una messa a fuoco perfetta anche senza prendere particolari accortezze.

Piuttosto, la distanza iperfocale torna utile in relazione agli scatti improvvisati, per i quali è indispensabile che tutti gli elementi appaiano perfettamente nitidi ma non si ha il tempo o il modo di studiare accuratamente l’inquadratura, né di applicare le tecniche di ripresa più idonee.

paesaggio con elementi in primissimo piano
Una foto con elementi in primissimo piano

Tornando ai paesaggi, può capitare che ci ritroviamo a scattare senza treppiedi. In questo caso, non potremmo chiudere il diaframma con la stessa libertà: questo significherebbe allungare il tempo di posa o aumentare gli ISO.

In altre parole, chiudere inutilmente il diaframma vorrebbe dire rendere più probabile il mosso o, in alternativa, introdurre del fastidioso rumore digitale.

Da qui derivano la necessità di ottimizzare la profondità di campo per una determinata apertura e, di conseguenza, l’utilità dell’iperfocale.

Più che per i paesaggi, comunque, queste situazioni si verificano frequentemente in altri generi fotografici, a cominciare da reportage e street photography.

In questi ambiti, le opportunità fotografiche sono per definizione estremamente fugaci ed il fotografo deve essere abile a cogliere l’attimo giusto. Anche avendo le idee chiare riguardo la gestione della profondità di campo, potrebbe non esserci il tempo materiale di mettere a fuoco!

Poter impostare la macchina fotografica in anticipo ed essere pronti a scattare, certi di una nitidezza sufficiente, rappresenta quindi un vantaggio considerevole.

Peraltro, le focali più spesso impiegate per questi generi sono quelle che rendono più semplice (e più sensato) adottare l’iperfocale.


Come Usare l’Iperfocale

Adesso che abbiamo visto cos’è l’iperfocale ed in quali situazioni può tornarci utile, spostiamoci sul piano pratico e vediamo come applicarla ai nostri scatti.

Di seguito, elencheremo passo passo le operazioni da compiere, dopodiché faremo qualche precisazione ed analizzeremo alcuni esempi pratici.

  1. Consultate la Tabella dell’Iperfocale La prima cosa da fare è consultare la tabella dell’iperfocale (o ricorrere ad app e strumenti analoghi) per stabilire quali siano i parametri da impostare per distanza di messa a fuoco ed apertura di diaframma
  2. Regolate la Focale Nel caso si stesse utilizzando un obiettivo zoom bisognerà naturalmente regolare anche la lunghezza focale.
  3. Impostate l’Apertura di Diaframma Per far coincidere l’apertura di diaframma con il valore riportato sulla tabella dell’iperfocale conviene usare la modalità di scatto “A” (o “Av” su Canon), ossia quella a priorità di apertura.
  4. Regolate la Distanza di Messa a Fuoco Infine, non resta che regolare la distanza di messa a fuoco sul valore dell’iperfocale. Attivate quindi la messa a fuoco manuale ed utilizzate come riferimento la scala delle distanze presente sull’obiettivo per una regolazione più precisa possibile.

Benché il principio dell’iperfocale rimanga valido a prescindere dallo strumento utilizzato, per mettere in pratica questa tecnica è pressoché indispensabile possedere una reflex o una mirrorless.

Come abbiamo visto, è infatti necessario mettere a fuoco manualmente, possibilità offerta quasi esclusivamente dalle fotocamere ad obiettivo intercambiabile.

Inoltre, l’obiettivo impiegato dovrebbe presentare la scala delle distanze, come riferimento per la messa a fuoco manuale.

Se l’obiettivo non dispone della scala delle distanze o se, per qualsiasi ragione, non si potesse mettere a fuoco manualmente, bisognerà arrangiarsi. Potete cercare di individuare, ad occhio, un punto posto in orientativamente in corrispondenza dell’iperfocale e mettere a fuoco su di esso.

Visto che finora abbiamo parlato di focali e diaframmi un po’ in astratto, prendiamo in esame anche qualche caso concreto, analizzando qualche obiettivo che può essere facilmente usato in iperfocale.


Esempio: Regolare l’Iperfocale sul Samyang 14mm

Possiamo ad esempio parlare del Samyang 14mm f/2,8, un obiettivo disponibile un po’ per qualsiasi fotocamera molto amato dai fotografi paesaggisti, soprattutto da quelli che usano il sistema full frame.

Ghiera della messa a fuoco su obiettivo Samyang 14mm f/2,8
Samyang 14mm impostato sull’iperfocale

Una particolarità di questo obiettivo è quella di essere completamente manuale: non dispone di autofocus e l’apertura va cambiata attraverso una ghiera fisica.

Consultando la tabella, possiamo apprendere che il Samyang 14mm a tutta apertura (f/2,8) ha come iperfocale 2,68 metri.

Possiamo quindi regolare la messa a fuoco portando la tacca della scala delle distanze fra il “2” ed il “3” e ruotare del tutto la ghiera dei diaframmi, portandola su f/2,8. Potremo stare certi che qualunque soggetto da 1,3 metri circa in poi apparirà nitido.

Se questa distanza non fosse sufficiente, possiamo chiudere diaframma di un paio di stop. Tornando alle tabelle, scopriamo che la distanza iperfocale del Samyang 14mm a f/5,6 è di appena 1,35 metri. Con queste impostazioni, il limite inferiore della profondità di campo partirebbe quindi da meno di 70 centimetri dalla fotocamera!

Anche se usiamo un obiettivo zoom, come il 24-105, possiamo applicare l’iperfocale. In questo caso i valori devono tenere conto della lunghezza focale alla quale si sta utilizzando l’obiettivo e l’impostazione del diaframma deve avvenire attraverso i comandi della fotocamera (la modalità a priorità di apertura, come dicevamo).


Iperfocale, Tempi ed ISO

Se impostiamo la macchina fotografica e l’obiettivo per lavorare in iperfocale ed usiamo la modalità di scatto a priorità di diaframma, rimane il problema del tempo di posa, che in condizioni di scarsa luminosità potrebbe risultare troppo lento da garantire scatti nitidi.

In queste situazioni può tornare utile l’impostazione ISO Auto, della quale abbiamo parlato qui.

Molte fotocamere avanzate permettono di fare in modo che il tempo di posa non scenda mai sotto una determinata soglia di sicurezza, anche quando usate a priorità di apertura. Pur mantenendo costante il valore di diaframma, eventuali carenze nell’esposizione verranno colmate aumentando il valore ISO anziché i tempi.


Consigli Pratici

Il primo consiglio che vogliamo darvi riguardo l’uso dell’iperfocale è quello di non farvi ossessionare troppo dalla precisione.

Se, consultando le tabelle dell’iperfocale individuate una distanza ottimale di 2,28 metri, cercate di intenderla come “poco più di due metri“. D’altro canto, la scala delle distanze dell’obiettivo non potrà mai essere a tal punto precisa, lo abbiamo visto prima parlando del Samyang 14mm.

Altro errore da non commettere è quello – sempre sulla base delle tabelle dell’iperfocale – di chiudere eccessivamente il diaframma per ottenere un limite inferiore della profondità di campo estremamente vicino.

Anche se le tabelle (incluse quelle da noi fornite) si spingono fino ad f/32, bisogna tenere conto del problema della diffrazione. Questo fenomeno, al quale abbiamo già accennato, comporta un evidente deterioramento dell’immagine quando si chiude eccessivamente il diaframma.

Nella pratica, aperture come f/22 o f/32 non dovrebbero mai essere impiegate, ed anche la qualità d’immagine ad f/16 potrebbe risentire di questo fenomeno.

Fate delle prove in ambienti controllati per rendervi conto di quale sia il diaframma limite utilizzabile con il vostro obiettivo associato alla vostra fotocamera.

In generale, bisogna ricordare che gli obiettivi offrono di norma la maggiore nitidezza alle aperture intermedie ed è quindi bene evitare (se non indispensabile) il ricorso a diaframmi estremi.


L’Iperfocale e la “Normale Distanza di Visione”

Quando diciamo che applicando l’iperfocale tutti gli elementi saranno a fuoco da un determinato punto in poi, ci riferiamo alla foto osservata ad una normale distanza di visione.

Questa distanza è grossomodo equivalente alla diagonale della foto, così come viene stampata o visualizzata a schermo.

Per una stampa 30x45cm, ad esempio, la normale distanza di visione sarebbe di poco superiore ai 50cm. Se abbiamo scattato la foto con la tecnica dell’iperfocale, l’osservatore non percepirà lo sfocato fintanto che si mantiene a tale distanza.

Nel momento in cui però ci si avvicinasse alla stampa, la sfocatura diverrebbe più evidente e gli elementi più distanti dal punto di messa a fuoco potrebbero avere una definizione insufficiente.

Non è necessario stampare effettivamente le foto in formato poster per scontrarsi con questo limite. La stessa cosa succede quando si osserva la foto al PC al massimo ingrandimento.

Le immagini qui sotto mostrano esattamente questo principio: dalla foto a sinistra (rimpicciolita) si direbbe che la messa a fuoco copra tutti gli elementi della scena. Una volta ingrandita (ritaglio a destra) appare evidente come invece solo la bicicletta in primo piano sia effettivamente a fuoco.

Paesaggio con un elemento in primo piano ed uno sfondo sfocato
dettaglio di una foto che mostra sia un particolare a fuoco che parte dello sfondo sfocato

Il motivo per cui ciò accade è che, come ampiamente spiegato nel relativo articolo, la profondità di campo è un concetto molto approssimativo. Dal punto di vista tecnico, gli unici elementi davvero a fuoco saranno quelli che, appunto, coincidono con il piano di messa a fuoco.

Tutti gli altri elementi, presentano un determinato grado di sfocatura il quale, via via che si ingrandisce l’immagine apparirà sempre più evidente.

Riassumendo, i valori tipicamente riportati nelle tabelle dell’iperfocale, sono calibrati per far sì che lo sfocato non sia evidente ad una normale distanza di visione.

L’iperfocale garantisce la minima nitidezza accettabile per un’area quanto più ampia possibile; non una definizione perfetta per tutti gli elementi a fuoco!

Pensiamo sia importante sottolineare questo aspetto, dal momento che nel mondo della fotografia digitale, è raro che ci si accontenti di una nitidezza semplicemente “accettabile”, come quella offerta dall’iperfocale.

Siamo abituati a visualizzare (morbosamente) su schermo le nostre immagini al massimo ingrandimento, compiacendoci dello strabiliante livello di dettaglio raggiunto e, in caso di stampa, scegliendo formati enormi.

Se così non fosse, ci accontenteremmo verosimilmente di sensori da 5 megapixel e di obiettivi da 100€. Da questo punto di vista, è evidente che la distanza iperfocale e tutti i concetti che le gravitano intorno debbano essere presi con le pinze.

La cosa da ricordare, in sintesi, è che potreste otterrete una nitidezza superiore mantenendo un certo margine nell’apertura di diaframma rispetto ai valori suggeriti nelle tabelle dell’iperfocale.

Se volete che tutto sia a fuoco e non vi trovate in condizioni di illuminazione “disperate”, non spaventatevi a chiudere il diaframma di qualche stop!


Formula dell’Iperfocale e Circolo di Confusione

Volendo approfondire ulteriormente la questione, dobbiamo precisare che la scarsa attendibilità delle tabelle, quando applicate agli ingrandimenti più spinti, non dipende tanto dall’iperfocale di per sé, quanto dal circolo di confusione utilizzato per il suo calcolo.

Il circolo di confusione è quel parametro che indica la soglia oltre la quale lo sfocato di una foto (che come abbiamo spiegato è sempre presente in una certa misura) diventerà percepibile ai nostri occhi.

Nella compilazione delle tabelle dell’iperfocale viene appunto utilizzato, normalmente, un circolo di confusione adatto alla visualizzazione di una stampa ad una normale distanza di visione che, come abbiamo visto, equivale alla diagonale del formato.

Nelle nostre tabelle, abbiamo ad esempio utilizzato il valore di 0,026 per il sensore Full Frame e di 0,015 per il sensore APS-C. Su altre fonti potreste trovare valori leggermente diversi, perché esistono diversi standard per determinare il circolo di confusione.

Partendo da questi valori è possibile calcolare l’iperfocale attraverso la seguente formula:

  • H sta per iperfocale
  • f sta per lunghezza focale
  • N è l’apertura di diaframma
  • c è il circolo di confusione

La formula permette anche di calcolare un’iperfocale alternativa a quella riportata nelle tabelle e, usando un circolo di confusione più restrittivo, fare in modo da ottimizzare la profondità di campo anche per importanti ingrandimenti visualizzati da brevi distanze.

Non ci sembra il caso di entrare ancora di più nel dettaglio, qui, circa questo specifico argomento. Lo abbiamo però fatto nell’ultima parte dell’articolo dedicato al circolo di confusione, che contiene appunto un esempio di iperfocale calcolata per una stampa in grande formato.

Di seguito vogliamo invece precisare perché il circolo di confusione e, di conseguenza, l’iperfocale, cambi in base al sensore impiegato.

Questa circostanza potrebbe lasciare in un primo momento un po’ perplessi: in fin dei conti, abbiamo sempre detto che la profondità di campo non è influenzata dal sensore, ma solo da diaframma, focale e distanza di messa a fuoco.

Dal punto di vista tecnico, infatti, in funzione del sensore non cambia né la profondità di campo né tanto meno l’iperfocale.

schema che mostra la dimensione in scala dei sensori fotografici più diffusi

Se, mantenendo sempre la stessa focale, scattassimo prima una foto con una fotocamera full frame, poi con una APS-C ed infine con una Quattro terzi, l’area in comune fra le tre immagini sarebbe identica.

A cambiare sarebbe piuttosto l’angolo di campo ripreso, tanto più ristretto quanto minori sono le dimensioni del sensore. Ciò avviene perché i sensori più piccoli sfruttano solo la parte centrale dell’immagine (ne abbiamo parlato nell’articolo dedicato alla focale equivalente).

Nel caso ipotizzato prima, le foto scattate col sensore 4/3 e APS-C rappresenterebbero la porzione centrale di quella scattata con full frame.

Nel momento in cui osservassimo e confrontassimo queste immagini, le riporteremmo però tutte alle stesse dimensioni: ad esempio le guarderemmo sullo stesso monitor o le stamperemmo nello stesso formato. In questo modo non stiamo facendo altro che ingrandire le foto scattate coi sensori più piccoli!

Viene da sé che, per i principi spiegati in precedenza, ingrandendo le immagini diventerà più facilmente percepibile ai nostri occhi la sfocatura degli elementi che non ricadono sul piano di messa a fuoco.

Da qui sorge la necessità di usare diversi riferimenti in base al tipo di sensore ed è per questo che quando si parla di iperfocale vengono proposte differenti distanze valide per full frame, APS-C e Quattro terzi.


9 commenti su “L’Iperfocale in Fotografia: Cos’è, a Cosa Serve e Come si Usa”

  1. Interessante! Avrei una domanda. Nello schema presentato all’inizio dell’articolo (come cambia la profondità di campo in base al punto di messa a fuoco) si prospettano tre casistiche: fuoco da 0,7 a 1,6 m con iperfovcale a 1 metro; fuoco da 1,3 metri all’infinito con iperfocale a 2,7 metri; fuoco da 2,1 metri all’infinito con iperfocale a 10 metri. Bene, la prima domanda: ma qual’è per ciascuno dei tre esempi in punto di messa a fuoco maggiore? Corrisponde al punto dell’iperfocale o è uguale per tutta la profondità di campo?
    La seconda domanda: nel primo caso la profondità di campo risulta di 1 metro circa. In questo metro la nitidezza è maggiore di quella raggiunta nel secondo e nel terzo caso? Cioè, riducendo la profondità di campo in quel range minimo ho una maggiore nitidezza rispetto a quella generata da 1,3 metri all’infinito?

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    • Ciao Giorgio, grazie del commento.
      Nello schema ad inizio pagina si è ipotizzato di scattare alla focale di 18mm (su APS-C) e ad un’apertura di f/8. Per tale coppia di parametri, la distanza iperfocale sappiamo essere di 2,7 metri. Mettendo a fuoco in corrispondenza di tale distanza (secondo caso), si ottiene la profondità di campo più estesa possibile.
      Difatti, se anziché mettere a fuoco a 2,7 metri mettessimo a fuoco ad 1 metro (primo caso), la profondità di campo sarebbe ridottissima, di 90cm circa. Anche mettendo a fuoco più lontano, a 10 metri (terzo caso), la profondità di campo sarebbe inferiore: arriverebbe sì “all’infinito”, ma partendo da 2,1 metri anziché 1,3. Nei tre casi, quindi, a cambiare è il punto di messa a fuoco: l’iperfocale rimane sempre la stessa, perché dipende dalla coppia focale/apertura, rimasta invariata.

      Riguardo il grado di nitidezza, la questione è un po’ più complessa. Come spiegato nella parte finale dell’articolo, tutti i discorsi legati all’iperfocale ed alla profondità di campo in generale devono tenere conto della capacità dell’occhio umano di percepire lo sfocato in quanto tale. Dando per scontato di osservare l’immagine alla “normale distanza di visione“, le aree rientranti nella profondità di campo sarebbero (o meglio, ‘apparirebbero’) ugualmente nitide: questa è d’altronde la definizione stessa di ‘profondità di campo’.

      Rimane però il fatto che, tecnicamente parlando, l’unica area realmente a fuoco è il piano (per sua natura adimensionale) che passa per il punto di messa a fuoco. Per approfondire questi concetti, in effetti un po’ ostici, ti consigliamo di leggere anche gli articoli che abbiamo dedicato alla profondità di campo ed al circolo di confusione.

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  2. Chiedo scusa sono un principiante e non mi è ben chiaro un passaggio di questo ottimo articolo. Negli esempi riportati più su se metto a fuoco sulla Iperfocale di 2.7m ho tutto a fuoco dalla metà di questo dato, cioè da 1.3m all’infinito. Ma se metto a fuoco non all’Iperfocale come riportato nello stesso esempio a 1 mt. come faccio a sapere che è tutto a fuoco tra 0.7 e 1.6 oppure se metto a fuoco a 10m come faccio a sapere che la distanza minima è di 2.1m ?

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    • Ciao Massimo, grazie di averci scritto.
      La profondità di campo dipende esclusivamente da fenomeni ottici e tutti i parametri in gioco possono essere misurati e controllati. Pertanto, è possibile conoscerne l’estensione semplicemente attraverso un calcolo aritmetico.
      Se vuoi saperne di più ti consigliamo di leggere questo articolo: nell’ultimo paragrafo trovi anche l’effettiva formula per poter calcolare la profondità di campo.
      Ciao!

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  3. Buonasera
    ho letto con interesse articolo su iperfocale/profondita’ di campo.
    nell’ ultima parte si faceva riferimento ad una visione della foto “diversa” da quella standard e procedura diversa di calcolo circolo di confusione.
    esempio era riferito ad un sensore APS C
    puo’ fare esempio anche con FF?
    inoltre esiste tabella iperfocale per questa “visione” senza fare sempre i calcoli?
    grazie mille Giuseppe

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    • Ciao Giuseppe,
      Grazie del commento. Immagino che tu ti riferisca all’esempio citato al termine dell’articolo dedicato al circolo di confusione. In quel caso, se il sensore fosse stato full frame, avresti dovuto sostituire, nel calcolo, il circolo di confusione dell’APS-C con quello del full frame (0,026 anziché 0,016).
      Difficilmente troverai tabelle che si discostino dalla visione ‘standard’: se hai necessità specifiche dovrai probabilmente fare i calcoli autonomamente. Tuttavia, il sito menzionato in questo stesso articolo (vedi link appena sotto le due tabelle) dà la possibilità di scegliere uno specifico circolo di confusione (al posto del tipo di sensore o del modello di fotocamera), il che permette di ricavare valori più precisi.

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  4. Buongiorno e mi scusi per il disturbo.
    Possiedo una macchina aps-c (Nikon D200) con un obiettivo full frame (Nikkor 28mm 1:2.8) che non è DX.
    Con questo “combo” per l’iperfocale quale tabella devo considerare? Quella per la full frame o quella per l’aps-c ?
    Grazie per la sua disponibilità.

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